Uova: l’amara realtà dietro la loro produzione

Grazie all’impegno di alcune associazioni che hanno a cuore il benessere degli animali che vivono negli allevamenti, negli ultimi anni sempre più consumatori hanno preso coscienza sulla terribile realtà che c’è dietro una semplice confezione di uova.

Per esempio l’associazione Essere animali ha pubblicato di recente un’inchiesta che documenta le condizioni disastrose in cui vivono le galline in 10 allevamenti nel nord Italia.

A volte mi rendo conto che diverse persone ancora non hanno chiara la differenza tra le diverse tipologie di uova, quindi è bene descrivere le caratteristiche.

La produzione di uova in Italia

In Italia vengono allevate circa 39 milioni di galline ovaiole. Tra queste, secondo i dati ISMEA, il 55% viene ancora allevato in gabbia, il 34% a terra, mentre solo l’11% si trova in allevamenti bio e all’aperto.

Il 40% della produzione è utilizzato nell’industria alimentare sotto forma di ovo-prodotti. Questi sono ampiamente utilizzati nella produzione di gran parte degli alimenti in commercio.

La percentuale di uova provenienti da gabbie è leggermente superiore alla media europea, ma una buona parte di queste non è destinata al consumo fresco.
Più della metà della produzione di uova è concentrata nel Nord Italia. Il Veneto (26%)  guida le statistiche, seguito da Lombardia (25%) e Emilia-Romagna (17%). Al Sud è la Sicilia a rappresentare il polo di riferimento, con il 6% della produzione nazionale.

Tipologie di allevamento per la produzione di uova in Italia

In Italia esistono 4 tipologie di allevamento intensivo per la produzione di uova. Queste tipologie sono identificate da un codice stampato sulle uova che indica anche la regione, la provincia, il comune e lo stabilimento in cui sono state prodotte.

Codice 3 per l’allevamento in gabbia (batteria). Qui le galline vivono in gabbie e depongono le uova in una macchina che le raccoglie.

2 per l’allevamento a terra. Le galline vivono in un capannone, a terra, in cui possono muoversi “liberamente”. Le uova vengono deposte in nidi o a terra.

Codice 1 per l’allevamento all’aperto. Le galline possono vedere la luce del sole e stare all’aperto per qualche ora al giorno. Le uova vengono deposte a terra o in nidi.

Codice 0 per l’allevamento biologico. Le galline hanno a disposizione, a testa, 6 mq, e hanno accesso a spazi esterni. In teoria, per legge, non dovrebbero subire il taglio del becco. Hanno stagni a disposizione e la dieta è biologica e varia (erba, insetti, vermi).

Uova da allevamento in gabbia

Nell’allevamento in gabbia le galline hanno a disposizione uno spazio vitale poco più grande di un foglio A4, dentro una gabbia. Le galline riescono a stento a muoversi e non riescono neanche ad aprire le ali.

Un nastro trasportatore somministra automaticamente il cibo. Per raggiungerlo le galline allungano il collo fuori dalle sbarre orizzontali e il continuo sfregamento con il metallo le porta a perdere completamente le penne dal collo.

Il pavimento delle gabbie è di rete metallica inclinato verso l’esterno in modo che le uova possano rotolare su un nastro trasportatore. Il continuo contatto delle zampe con una superficie di rete causa ferite e malformazioni e l’impossibilità di razzolare fa crescere le unghie a dismisura.

Le gabbie sono disposte su piani sovrapposti, in genere dai quattro ai sei, questa disposizione permette di stipare fino a 20.000 animali in ogni capannone.

produzione uova allevamento in gabbie

 

Condizioni igieniche spaventose

Molte galline allevate in gabbia sono costrette a camminare sui corpi delle compagne morte, perché spesso i cadaveri non vengono raccolti ma lasciati in putrefazione in mezzo agli animali vivi.

La mortalità all’interno degli allevamenti viene preventivata e calcolata, per questo all’esterno delle strutture sono presenti celle frigorifere che contengono migliaia di animali che non sono riusciti a sopravvivere alle condizioni dell’allevamento intensivo.

Le carcasse non rimosse vengono cannibalizzate dalle compagne di sventura.

All’interno dei capannoni nei quali l’associazione Animal Equality è entrata in incognito ha riscontrato condizioni igieniche disastrose. Hanno documentato la presenza di galline morte in gabbia e putrefatte, utilizzate dalle altre compagne per deporvi le uova. C’erano anche topi, in alcuni casi morti e in decomposizione vicino alle galline stesse. Le uova erano ricoperte di larve e di insetti.

Uova da allevamento a terra

Le galline non hanno accesso all’esterno ma non sono chiuse in gabbia. Sono per così dire “libere” di muoversi all’interno del capannone. Sono permessi nove animali per metro quadrato.

Questi allevamenti possono essere a più piani (fino a 4) o a piano singolo. Quelli a piano singolo sono capannoni con fondo di cemento ricoperto di paglia. Nel fondo sono disposti dei tunnel di plastica con delle aperture nelle quali le galline entrano a deporre le uova.

Infatti le galline tendono istintivamente a nidificare in luoghi riparati e gli allevatori sfruttano questa naturale tendenza per poter raccogliere automaticamente le uova. All’interno del tunnel il pavimento inclinato permette alle uova di rotolare su un nastro trasportatore che le raccoglie.

La raccolta delle feci in questi allevamenti non è automatizzata.

La paglia sul fondo del capannone ha la funzione di compattare il guano e impedire che questo si appiccichi eccessivamente alle zampe. Questa metodologia prevede che il capannone venga pulito esclusivamente a fine ciclo, quando le galline vengono macellate e il capannone svuotato, ciò significa che per tutto il periodo di allevamento le galline convivono con i loro escrementi.

I problemi dell’allevamento a terra

L’allevamento a terra risolve in parte i problemi derivati dallo sfregamento delle penne sulle gabbie e della crescita incontrollata delle unghie. Restano però i problemi dovuti al sovraffollamento e alla presenza di migliaia di animali nello stesso spazio. Aggressività e stress ma anche deficit da mancanza di luce naturale.

La mancanza di luce solare provoca anemia, visibile nelle creste abbassate e nelle zampe pallide. Il prolungato contatto con la lettiera, che assorbe escrementi e urina, favorisce le infezioni agli arti inferiori.

Uova da allevamento all’aperto

Viene considerato all’aperto un allevamento a terra che dà la possibilità agli animali di uscire in aree recintate per alcune ore al giorno. L’interno dei capannoni è come negli allevamenti a terra.

In natura, durante la stagione fredda, i pulcini avrebbero difficoltà a sopravvivere e per questo durante l’inverno la produzione di uova cala notevolmente fino anche ad arrestarsi. Questa caratteristica si riproporrebbe se gli animali fossero lasciati sempre all’aperto, anche durante la stagione fredda.

Per questo, per non arrestare la produzione,  le galline allevate all’aperto restano all’interno dei capannoni nella stagione invernale.

Uova da allevamento biologico

Negli allevamenti biologici le galline hanno la possibilità di uscire all’aperto su un terreno coltivato in maniera biologica e sono alimentate con mangimi biologici. La densità di animali è inferiore rispetto a tutti gli altri sistemi. Ci sono 6 galline per metro quadro.

Associazioni come Essere animali hanno documentato che negli allevamenti biologici si riscontrano gli stessi problemi degli altri tipi di allevamento. Animali spennati e feriti, malati e malformati, sofferenti per lo stress e spaventati.

Anche qui le galline vengono fatte nascere in incubatoi industriali e quindi gli esemplari maschi vengono uccisi appena nati.

la riproduzione delle galline ovaiole

Le uova destinate al consumo non sono fecondate, in quanto dentro agli allevamenti di galline non ci sono  individui di sesso maschile. La riproduzione delle ovaiole (così come quella dei polli o dei tacchini) è affidata ad allevamenti specializzati.

Queste strutture sono simili a un allevamento a terra. Nel capannone sono presenti galline e riproduttori di sesso maschile in proporzione 6/7 a 1. All’interno sono posizionati dei nidi dentro ai quali le femmine depongono le uova fecondate che vengono raccolte quotidianamente e trasportate agli incubatoi.

Gli incubatoi sono strutture adibite alla schiusa delle uova. Le uova fecondate vengono sistemate su carrelli a più piani e introdotti in camere dalla temperatura controllata.

Restano qui fino alla schiusa, che per le galline è di 21 giorni. In natura le galline rigirano periodicamente le proprie uova e le covano mantenendole sempre al caldo e con il giusto grado di umidità. Nell’incubazione industriale questi processi vengono ricreati in modo artificiale.

Negli allevamenti intensivi nessuna madre alleva i propri figli: polli e galline non la vedono nemmeno, i vitellini vengono allontanati a poche ore dal parto mentre i maiali ci trascorrono insieme solo 20 giorni.

Le giovani galline non producono uova prima dei 5 mesi di età. Per questo periodo “non produttivo” rimangono chiuse in strutture simili ad allevamenti a terra oppure in batterie di gabbie su più piani. Per le prime settimane di vita, all’interno dei capannoni, delle lampade termiche mantengono caldi i pulcini.

L’amara fine dei pulcini maschi

Subito dopo la schiusa i pulcini passano tra le mani di addetti specializzati nel riconoscimento del sesso. Questa operazione ha la funzione di separare le femmine, che verranno avviate alla produzione di uova, dai maschi, che vengono immediatamente soppressi in quanto improduttivi.

I maschi della gallina ovaiola non vengono avviati alla produzione di carne in quanto questa razza è stata creata tenendo conto di una sola caratteristica: la produzione di uova.

I polli da carne sono invece selezionati tenendo conto di caratteristiche completamente diverse come la qualità della carne e la capacità di ingrassare in tempi rapidi.

Risulta perciò più conveniente eliminare i maschi delle galline ovaiole subito dopo la schiusa. Per fare questo vengono o gettati vivi in un tritacarne o semplicemente soffocati in sacchi neri.

Nelle disposizioni si legge che “Questo metodo deve procurare la macerazione e la morte istantanea degli animali. Il dispositivo deve essere munito di lame a rapida rotazione o protuberanze di spugna. La capacità del dispositivo deve essere tale che tutti gli animali, anche se numerosi, vengano istantaneamente uccisi”.

E così la produzione di uova finisce per uccidere molti più animali della produzione di carne rossa. Ecco perché un vegetariano non riesce a mangiare più le  uova.

La sofferenza degli animali è evidente

Le mutilazioni

A parte questa atrocità, le pratiche che risultano maggiormente responsabili di arrecare dolore nei volatili allevati sono rappresentate dalle mutilazioni. In particolare dal taglio del becco che, con l’esclusione dell’allevamento biologico dove non dovrebbe esistere, risulta frequentemente attuato in tutte le tipologie di allevamento.

Altra pratica di mutilazione, che però si sta nettamente riducendo rispetto al passato riguardando solo allevamenti di polli da carne di piccole dimensioni, è il capponaggio, ovvero la castrazione. Il taglio della cresta e dei bargigli, l’amputazione degli speroni ed altre pratiche di mutilazione minori (taglio delle dita e mutilazioni identificative) si effettuano con minor frequenza e sistematicità di un tempo. In genere si effettuano nei soli allevamenti per riproduttori, solo a pochi soggetti ed in casi specifici (es. razze di grossa taglia).

Dolore e stress possono essere causati anche dai sistemi di produzione e gestione dell’allevamento, nonché da pratiche di selezione genetica. Queste ultime favoriscono nei polli da carne il rapido incremento del peso corporeo e nelle galline ovaiole la spinta produttiva.

Le galline arrivano a deporre 300 uova all’anno, contro le 100 che produrrebbero in un contesto naturale. Per questo comportano lo sviluppo di anomalie muscolo-scheletriche quali fenomeni osteo-artrosici o fratture, riconosciuti quali fonte di algia.

la pratica del debeccaggio

Il taglio del becco, con l’esclusione dell’allevamento biologico, è indubbiamente la mutilazione praticata più di frequente negli allevamenti di ovaiole, in particolare in quelli in gabbia. Ma è spesso attuato anche negli allevamenti a terra e in quelli di polli da carne, allo scopo di ridurre la mortalità causata dalla pica o plumofagia, e dal più grave fenomeno del cannibalismo.

Il cannibalismo e la plumofagia sono causati da stress, sovraffollamento, carenze nutrizionali, aumentati livelli di ammonio e di diossido di carbonio, eccessive ore di luce, eccessiva intensità della luce, rumori troppo intensi, nonché dall’uso di distributori meccanici di cibo.

Pica e plumofagia

La pica è un comportamento naturale delle galline che beccano gli animali vicini senza strappare le piume e senza fare danni rilevanti. Spesso l’animale beccato non prova fastidio.

La gallina vittima inizialmente cerca di scappare ma in seguito si arrende e le conseguenze sono la mancanza di piume nella zona dorsale, caudale e intorno alla cloaca. Questo atteggiamento naturale diventa anormale quando la beccata diventa violenta e le piume vengono strappate per essere mangiate. Questa è la pica aggressiva. Se la beccata continua anche sulla pelle e oltre, nella vittima si formano delle ferite che possono portare alla morte per dissanguamento o per cannibalismo

La plumofagia, la pica aggressiva verso le altre galline o verso se stessi, è dovuta alla presenza di acari delle penne, muta, anomalie del piumaggio, micotossicosi e deficit nutrizionali. La plumofagia può raggiungere livelli tanto elevati da sfociare nel cannibalismo. Infatti gli animali colpiti da acariasi o micotossicosi comincino a deplumarsi, finché una lesione sanguinolenta non attirerà l’attenzione delle compagne. Arrivano così anche a vere e proprie eviscerazioni, che causeranno la morte della vittima.

Per ovviare a tali aberrazioni comportamentali,  causa di elevate perdite in allevamento ma anche fonte di notevole stress e sofferenza per gli animali, da più di 60 anni si effettua la procedura di rimozione della parte finale della porzione superiore ed inferiore del becco.

Da più di 60 anni, e noi consumatori ne veniamo a conoscenza solo negli ultimi decenni? Forse non è cambiata la situazione degli animali, ma la sensibilità degli esseri umani rispetto all’Altro, sia esso uomo che animale.

La soluzione è molto più semplice

La strategia globale per ridurre i fattori di stress delle galline è il ricorso a tecniche di allevamento che consentano all’animale di i compiere suoi naturali comportamenti.

Si dovrebbe consentire alle galline maggiore spazio per esprimere le sue forme comportamentali tipiche: razzolare, stendere e allargare le ali, tolettarsi, girarsi, arruffare le penne.

Le galline devono passare più tempo possibile a razzolare all’aperto.

invece anche questa mutilazione del becco è causa di dolore.

La procedura di mutilazione del becco, solitamente effettuata nei pulcini intorno ai 5-10 giorni di vita, consiste nell’immobilizzazione della testa dell’esemplare e nel taglio della porzione terminale del becco (superiore ed inferiore contemporaneamente).

Si effettua mediante varie tecniche, le più diffuse delle quali sono rappresentate dall’utilizzo di una piccola cesoia, di una lama termica, di un laser o di una barra di taglio a gas. Ci sono anche tecniche più moderne.

Attualmente l’Hot blade machine rappresenta il metodo maggiormente utilizzato. La macchina consente il taglio e la cauterizzazione del becco di pulcini di 6-10 gg di vita con una lama riscaldata.

Il becco è un organo complesso

Il becco dei polli rappresenta un organo altamente specializzato, essendo provvisto di numerose ghiandole ed organi di senso, necessari a svariate funzioni vitali della specie.

La struttura centrale del becco è costituita da un’impalcatura ossea, ricoperta da uno strato di tessuto abbondantemente innervato con numerosi recettori. Nei polli tali recettori sono particolarmente concentrati nella punta del becco, mentre alla sua base il loro numero tende a diminuire.

I nocicettori, presenti sulla punta sia della parte superiore che di quella inferiore del becco, sono rappresentati da fibre nervose libere, che presentano caratteristiche morfologiche simili a quelle dei nocicettori dei mammiferi.

Il taglio di tale porzione anatomica può essere considerato senza alcun dubbio una procedura dolorosa. Invero, alcuni autori hanno evidenziato come il danno a tessuti e nervi conseguenti alla procedura si renda responsabile della comparsa di dolore.

Al taglio del becco, cui si accompagna la comparsa di dolore per circa 15 secondi, dovuto alla eccessiva scarica delle fibre nervose che fa seguito al danno, seguirebbero tre fasi: una fase indolore, una fase di dolore acuto e, infine, una di dolore cronico.

Come le galline manifestano il dolore

La procedura del taglio del becco provoca senz’altro dolore ai pulcini. Gli animali manifestano tentativi di fuga, vocalizzazioni anomale, dibattimento di zampe e di ali, orripilazione e rannicchiamento del corpo.

La presenza di dolore acuto si manifesta con la comparsa di tachicardia, abbattimento, inappetenza, riduzione dell’attività motoria, tendenza ad accovacciarsi, acquattarsi, rannicchiarsi con la testa rientrata nel corpo e gli occhi parzialmente o del tutto chiusi.

Il dolore cronico, invece, si evidenzia nella comparsa di alterazioni comportamentali, rappresentate dalla presenza di comportamenti anomali o dalla riduzione di quelli fisiologici. Atteggiamento di circospezione, scuotimento della testa, strofinamento del becco al suolo e sulle superfici, diminuita assunzione di cibo e acqua, riduzione della tolettatura, aumento dei periodi di inattività, calo dell’ovodeposizione e dell’incremento ponderale, che possono perdurare anche 5 settimane o più.

Nell’ambito dell’allevamento biologico, è vietata l’applicazione sistematica di pratiche di mutilazione sugli animali (compresi il debeccaggio e la capponatura), concedendo però la possibilità di ricorrere alle stesse per ragioni di salute, benessere o igiene degli animali. Le figure indicate per il compimento di tali procedure sono genericamente indicate come “personale qualificato”.

Il trasporto verso il macello

Il trasporto, sia verso un altro punto dell’allevamento o verso il sito d’abbattimento, costituisce  un altro momento di grande sofferenza. E’ un ulteriore rischio importante di ferimenti e fratture. Negli allevamenti delle ovaiole, le fratture avvengono normalmente a causa della difficoltà che gli animali incontrano ad uscire dalle gabbie e della fragilità ossea dovuta all’allevamento in gabbia e all’osteoporosi.

Nei polli a crescita rapida si nota una tendenza a ridurre la propria attività motoria. Si riscontrano comunemente patologie osteoarticolari responsabili di anomalie nella postura e nel modo di camminare. Gli animali restano accucciati al suolo, si muovono meno, e addirittura mangiano accucciati.

I maltrattamenti

Negli allevamenti e nei macelli le associazioni animaliste hanno documentato l’utilizzo di bastoni, calci e pugni per spostare gli animali, anche feriti. Quelli di piccola taglia sono addirittura lanciati.

La fine delle galline

Quale che sia l’allevamento di provenienza la sorte delle galline è sempre la stessa. Dopo un periodo variabile tra un anno e mezzo e i due anni la loro produttività cala e non risulta più conveniente allevarle per questo vengono caricate e inviate al macello. La vita media di una gallina in libertà sarebbe 8 anni.

Degli operai catturano gli animali nei capannoni e li stipano in gabbie di plastica che vengono caricate sui camion. Il viaggio viene fatto solitamente la notte, con qualunque condizione meteo. L’uccisione avviene per sgozzamento, dopo essere stati tramortiti con un proiettile di ferro nel cervello o con scosse elettriche o in una camera a gas. In molti casi vengono sgozzati ancora coscienti. Diventano carne di seconda scelta o alimenti per altri animali.

Il mondo nuovo

Già nel 1932 Aldous Huxley aveva scritto “Brave New World”, in italiano tradotto come “Il mondo nuovo”. Ecco, una nuova società umana basata sui principi della produzione in serie, così come inizialmente Ford nelle industrie automobilistiche aveva prodotto il  “Modello T”. Le galline, oggi,  non sono considerate nient’altro che un modello T.

E se, come nel romanzo di Huxley, la produzione in serie nelle fabbriche fosse applicata anche alla riproduzione umana, creando come nel romanzo le caste alfa, beta, gamma, delta e epsilon in grado decrescente di intelligenza? Se davvero fossero creati gli epsilon per occuparsi dei lavori più umili e nelle condizioni più dure senza lamentarsene?

Se anche noi umani nascessimo in una fabbrica dopo modifiche genetiche per servire a uno scopo, così come pianificato dai governatori? Riflettiamoci.

Almeno un pò di buone notizie

Secondo i dati Ismea, nel 2018, le uova da allevamento a terra hanno incrementato i volumi del 28%, le uova bio del 12%, mentre quelle da allevamento all’aperto, pur rappresentando ancora una piccola fetta nella distribuzione moderna, hanno messo a segno una crescita del 25%.

Attenzione però agli ovo-prodotti dove ci rifilano le uova prodotte in gabbia!

Mediamente in Italia il consumo nazionale di uova è pari a 13,4 kg pro-capite, leggermente sotto la media europea.

Sono sempre di più i consumatori che, nelle proprie scelte d’acquisto, si dimostrano attenti al rispetto delle condizioni di vita degli animali.

Il consumo delle uova provenienti dalle galline allevate nelle cosiddette “gabbie arricchite”, “più spaziose” delle vecchie batterie messe fuori legge nel 2012 da una normativa europea, negli ultimi anni evidenzia un declino inarrestabile.

L’Uovo Perfetto

C’è poi una start up pugliese che compra le “galline a fine carriera” per salvarle. Si chiama “l’uovo perfetto”.

“Quello che facciamo è andare negli altri allevamenti a comprare le galline a fine carriera…Solitamente le galline, all’incirca dopo il primo anno e mezzo di età, hanno un calo fisiologico nella produzione delle uova e dunque vengono macellate. Noi, invece, le salviamo comprandole a circa 2 euro l’una.”

Una nuova tecnica permette di scoprire il sesso già dall’embrione ed evitare la strage dei pulcini maschi. Nasce così Respeggt, l’uovo che salva i pulcini maschi, perché non nascono.

Il consiglio migliore comunque è, se proprio non potete fare a meno di mangiare uova, limitare il consumo. La produzione di carne e prodotti animali comunque resta..insostenibile.

Fonti e foto:

Animal Equality

Essere Animali