Aldo Capitini fondatore del movimento vegetariano in Italia

Aldo Capitini, nonviolento, fondatore del movimento vegetariano italiano

Tra i primi in Italia a cogliere e a teorizzare il pensiero nonviolento di Gandhi, il filosofo Aldo Capitini, è stato tra l’altro il fondatore del movimento vegetariano in Italia.

Nato a Perugia nel 1899, aveva l’abitudine di definirsi un “religioso laico“.

L’idea di laicità nasceva dal distacco di Capitini dalla Chiesa cattolica del tempo, complice, a suo parere, del regime fascista a cui il filosofo si opponeva con decisione.

Egli sosteneva che col Concordato del 1929 la Chiesa avesse legittimato il potere di Mussolini, malgrado le violenze squadriste. In tal modo aveva finito col sostenere il dittatore, garantendo la sua moralità di fronte alla maggior parte della popolazione che riponeva fiducia nell’istituzione religiosa.

Aldo Capitini comunque amava e si ispirava alle figure religiose. Anzi, ogni figura con una profonda credenza, anche laica, era per lui un “religioso”.

Per contrastare la violenza fascista, non contrastata dalla Chiesa, formula il suo pensiero che trae ispirazione dal metodo non violento di Gandhi. Si ispira anche a San Francesco, che a suo parere incarna i valori originari del cristianesimo. Del pensiero moderno, considera indiscutibili i principi di libertà, di fratellanza, di eguaglianza.
Capitini critica anche la mentalità materialista, già imperante nei primi del Novecento, che vede nel lusso e nel possesso la realizzazione delle persone. Chiama la nostra civiltà “pompeiana-americana”.

Nel 1961, su iniziativa di Aldo Capitini, si svolge anche la prima marcia per la pace Perugia-Assisi.

La Società Vegetariana di Perugia

Nel dopoguerra, nel 1952,  Capitini fondò a Perugia la Società Vegetariana che divenne in seguito Associazione Vegetariana.

Capitini ha fondato il Movimento Nonviolento nel 1962. Nonviolenza: traduzione della parola sanscrita ahimṣā e composta dalla a privativa e himsa ( violenza, nocumento).
Il termine si può rendere con «assenza della volontà di procurare danno e/o morte»

Aldo Capitini e il rinnovamento della scuola

Capitini ha lavorato anche per il rinnovamento della scuola, per farne una fucina di libertà di ricerca e di pensiero. Il suo insegnamento critico voleva educare alla libertà, alla consapevolezza, alla ricerca, alla lotta per un futuro migliore.

Scopo dell’educazione è creare le condizioni di conoscenza affinché ognuno possa crearsi una coscienza liberata: la maieutica della nonviolenza.  La sua scuola sfornava discepoli critici e non cittadini obbedienti: era la scuola dell’obiezione di coscienza. Il potere, invece, era per Capitini un “cattivo maestro”.

Il vegetarianesimo

“Il vegetarianesimo è in stretto rapporto con i problemi morali e religiosi, ed anzitutto con il problema dei fini e dei mezzi.”
(Da “Aspetti dell’educazione alla non violenza”) di Aldo Capitini.

Capitini divenne vegetariano anche per contrastare l’esaltazione crescente nel regime e nella popolazione nel periodo precedente alla preparazione delle guerre fasciste. Proprio per marcare con decisione il rifiuto di uccidere gli esseri umani e subumani. Era il 1932 o 1933.

Per la scelta di divenire vegetariano, e per aver rifiutato di iscriversi al partito fascista, Giovanni Gentile lo allontanò dalla Scuola Normale di Pisa.
Gentile era impaziente che io sistemassi le mie cose e me ne andassi, perché ero divenuto di colpo vegetariano (per la convinzione che esitando davanti all’uccisione degli animali, gli italiani – che Mussolini stava portando alla guerra – esitassero ancor più davanti all’uccisione di esseri umani), e a Gentile infastidiva che io, mangiando a tavola con gli studenti come continuavo a fare, fossi di scandalo con la mia novità!

Il vegetarianismo non era un fatto salutistico, come è diventato oggi. Capitini parlava dei doveri morali che abbiamo nei confronti degli altri animali, con i quali abbiamo innegabili vincoli di parentela.

Il Quinto Comandamento dice di non uccidere. Uccidere implica togliere la vita, in tutte le forme in cui essa si manifesta. La vita è nell’uomo, negli animali, nelle piante e, perché no, anche nelle pietre.
Ora, alcuni preferiscono usare la frase “non commettere omicidio”, ma nell’originale aramaico c’era un’altra parola per indicare l’omicidio.

La scelta nonviolenta cambia la disposizione d’animo dell’uomo

Il filosofo sottolineò come la scelta nonviolenta nei confronti degli animali abbia anche delle ricadute sul nostro modo di essere e di percepirci, sulla nostra stessa disposizione d’animo, che diventa più benevola, sulla nostra autopercezione come persone più franche, calme, affettuose.

La sua convinzione secondo cui la crudeltà contro gli animali è intimamente connessa a quella intraspecifica è stata presa in considerazione a livello psicologico solo negli anni ’80, per altro con molta prudenza. Ma non è un’idea assurda.

“Porre fine alla leggerezza sterminatrice e alla freddezza utilitaria normalmente impiegate nello sterminio degli animali si riflette in accrescimento di valore interiore.”

L’ideale dell’armonia cosmica

Il suo pensiero risultava naturalmente vicino alle filosofie orientali, in particolare buddista e jainista. L’assoluto rispetto per gli animali porta con sé un attacco mortale all’antropocentrismo e a tutti i rapporti di potere, a cui sostituisce un ideale necessario di armonia cosmica.

Il suo vegetarismo e la sua convinzione della necessità del rispetto per gli animali si inseriscono perfettamente nel suo ideale di vita pacifista e nonviolenta, e ne diventano un tassello imprescindibile.

Un ideale nonviolento non può per sua stessa natura fermarsi ai confini dell’umano ed ignorare i miliardi di esseri viventi di altre specie, che convivono con noi.

Prendere atto della necessità di coinvolgerli in un progetto cosmico di riequilibrio dei rapporti di forza è di fatto estremamente rivoluzionario e assolutamente attuale.

Oggi le nostre battaglie sui diritti sono volte a togliere lo sfruttamento sociale tra uomo e uomo. Ma lo sfruttamento verso il resto della natura? E’ già qualche cosa per tanti esseri viventi che l’uomo ne utilizzi solo i prodotti, senza distruggerne l’esistenza.

Il cibo deve contribuire all’elevazione spirituale

Che significa cibarsi? Non possiamo ingoiare qualunque cosa ci venga proposta.

Come scrisse Capitini. “Noi abbiamo un corpo, ma religiosamente non ci preoccupiamo soltanto del suo funzionamento vitale (che non è disturbato dal vegetarianismo usato bene, che può essere, anzi, un vantaggio); siamo tesi anche ad una sua purificazione, elevazione, trasformazione; non siamo aperti al miglioramento della realtà? Ora, mettere nel nostro corpo la carne di un essere che ha subìto lo spavento dell’uccisione, che è passato per una tale tragedia, patita dall’animo e anche dal corpo (si dice che si diffondano tossine nel corpo dell’animale in quel momento), non ci intorbida, non ci tira giù?”

Fonti:

Wikipedia

Associazione italiana vegetariani

Foto da: Flavia C.