La deforestazione in Amazzonia continua indisturbata

I dati da poco diffusi dell’Inpe (National Institute of Space Research) dimostrano come nei primi quattro mesi del 2020 la deforestazione sia aumentata del 55% rispetto a un anno fa.  In questo periodo di lockdown e precauzioni a causa del Covid-19, le misure di sorveglianza nei territori amazzonici sarebbero state ulteriormente abbassate, lasciando indisturbata l’avanzata di attività illegali.

Diverse indagini lo confermano, l’allevamento del bestiame è responsabile dell’80% della deforestazione in corso nella foresta pluviale amazzonica.

La deforestazione uccide tutto il pianeta. Le foreste sono importantissime per tutti noi

Perché le foreste sono così importanti per tutti noi? Ormai dovremmo averlo imparato. Le foreste del nostro Pianeta sono il simbolo della correlazione strettissima tra esseri umani  e natura: quello che accade alla foresta boreale, amazzonica o indonesiana, riguarda tutti noi. Quello che riguarda noi, influisce su tutta la natura.

LE FORESTE PRESERVANO GLI EQUILIBRI VITALI DEL PIANETA

Le foreste svolgono un ruolo fondamentale nel preservare gli equilibri vitali del Pianeta. Coprono il 31% delle terre emerse del pianeta e costituiscono l’habitat per il 75% della biodiversità terrestre.

Le foreste quindi contribuiscono alla tutela della biodiversità, ma svolgono anche un ruolo fondamentale nella conservazione delle acque e del suolo in termini di difesa da frane e erosioni. Le foreste aumentano la sicurezza idrogeologicariducono l’impatto di alluvioni ed esondazioni, consolidano il terreno riducendo frane e smottamenti.

Non solo, arrestano l’inaridimento dei suoli, l’erosione e la desertificazione, proteggono dalle ondate di calore e dal caldo estremo. Quindi regolano il clima, influiscono sul ciclo delle piogge di territori anche lontanissimi.

L’Amazzonia, per esempio, è capace di trasformare una significativa parte dell’energia solare che riceve in un enorme meccanismo di evaporazione dell’acqua, attraverso le foglie e altre superfici.

L’acqua che annualmente si riversa dal bacino amazzonico nell’Oceano Atlantico ha un ruolo molto importante sulle gigantesche correnti oceaniche.

foreste e deforestazione

Foreste tropicali e foreste primarie

Le foreste tropicali, che coprono appena il 7% della superficie del pianeta, ospitano circa la metà delle specie animali e vegetali conosciute, e sono le foreste più minacciate dall’avanzata dell’uomo.

Le foreste primarie,  quelle senza tracce visibili di attività umane,  rappresentano oramai solo il 36% del totale. Purtroppo vengono distrutte, o modificate, al ritmo di circa 6 milioni di ettari all’anno, a causa dei molteplici processi di deforestazione. La perdita netta di foreste appare in diminuzione,  ma questo è dovuto ai programmi di riforestazione in alcune zone e alla naturale espansione delle foreste esistenti. Ma la ricchezza delle foreste primarie non ha uguali.

Le foreste mitigano l’impatto delle emissioni di gas serra

Il contributo delle foreste è fondamentale per mitigare l’impatto delle emissioni di gas serra.

Secondo i dati più recenti della FAO risulta che le foreste pluviali producono oltre il 40% dell’ossigeno terrestre. Per questo la deforestazione è una delle principali cause del riscaldamento globale: produce dal 12 al 20% delle emissioni di gas serra.

Come sappiamo, gli alberi assorbono significative quantità di CO2 che è il principale gas serra responsabile dei cambiamenti climatici. La CO2 viene assorbita durante la fotosintesi clorofilliana per produrre materia organica. Grandi quantità di materia organica vengono immagazzinate dalle foreste. La sola foresta amazzonica accumula dai 150 ai 200 miliardi di tonnellate di carbonio nella biomassa viva, nel legno morto, nella lettiera e nel suolo.

Il legno è composto per circa il 50% di carbonio. Se utilizzato per produrre beni di lunga durata, come edifici e parti di essi, mantiene naturalmente intrappolata la CO2. Se usato come combustibile, la rilascia in atmosfera.

La deforestazione favorisce il fenomeno dello spillover

L’aumento dei gas serra non è l’unico problema. Distruggere gli ecosistemi provoca impatti sul mondo intero, che possono portare a conseguenze molte serie.

Un libro uscito nel 2012  ha anticipato con stupefacente esattezza tutti i dettagli di questa recente pandemia di Covid-19. Il saggio scritto da David Quammen, divulgatore scientifico e giornalista,  parla appunto del “salto di specie”. Quammen spiega che l’unica soluzione è “ridurre velocemente le attività che impattano sull’ambiente, ridimensionare la popolazione e porre un freno alla domanda delle risorse.”

Il testo parla della diffusione dei nuovi patogeni e delle grandi epidemie e spiega come questi devastanti virus siano la risposta della natura all’assalto dell’uomo nei confronti degli ecosistemi e dell’ambiente. Quando gli ecosistemi sono sotto pressione favoriscono il passaggio di un virus da una specie all’altra.

Lo scambio di patogeni tra le specie è favorito in quei luoghi che agevolano il contatto. Ne sono esempi  i mercati, legali o illegali, in cui si concentrano molti individui e più specie animali. Ma anche i terreni deforestati che privano la fauna autoctona del loro habitat e gli allevamenti intensivi.

“Il salto di specie” può avvenire non solo dagli animali selvatici. Più volte è già accaduto che i virus siano passati dagli animali agli umani anche tramite polli, anatre o maiali allevati.

Secondo l’OMS, il 75% delle nuove patologie umane infettive è di origine zoonotica.

la deforestazione dell’Amazzonia potrebbe favorire nuove pandemie

L’Amazzonia è anche un hotspot della biodiversità e il luogo più ricco di biodiversità sulla Terra. La sua conservazione è una questione chiave per arrestare l’estinzione di piante e animali.

Anche un recentissimo studio appena pubblicato su Frontiers in Medicine conferma che la distruzione di foreste e habitat dovrebbe preoccuparci seriamente. Come è già avvenuto in Cina, anche in Sudamerica potrebbe svilupparsi il salto di nuovi virus da animali a uomo. Continuando a togliere spazio e habitat agli animali, spingendoli sempre più verso aree antropizzate, favoriamo nuove pandemie.

L’Amazzonia, con un un milione di specie ancora da scoprire, è un enorme serbatoio di potenziali virus che potrebbero fare il salto, se noi continuiamo a mutarne gli equilibri.

La Foresta Amazzonica potrebbe diventare savana

Scenari sempre più catastrofici all’orizzonte. La devastazione ambientale provocata dagli incendi si riverbera sul sistema climatico. Fumo e fuliggine sollevati dai roghi portano ad una riduzione delle precipitazioni che contribuisce al degrado della biodiversità.

Spinto all’estremo, questo fenomeno rischia di causare il “dieback”, cioè la morte della foresta a causa delle crescenti temperature e dello stress idrico. Alcuni studi prevedono che il punto di non ritorno per l’Amazzonia sia già molto vicino: oggi assorbe il 9% del carbonio globale, ma quando perderà il 25% della sua superficie originaria non sarà più in grado di rigenerarsi e inizierà la trasformazione da foresta in savana. La riduzione è già oggi del 23%.  Ciò avrebbe enormi conseguenze anche per il resto del mondo.

Infine probabilmente si causerebbe lo sterminio delle centinaia di migliaia di indigeni in oltre 400 tribù che vivono in Amazzonia e fanno affidamento sulla foresta pluviale per sostenere le loro vite e preservare le loro culture.

Perché allora avviene ancora la deforestazione?

Purtroppo ancora oggi le foreste continuano ad essere distrutte per gli interessi economici di multinazionali senza scrupoli: ogni 3 secondi un’area di foresta grande come un campo da calcio, viene rasa al suolo. 

Si causa la devastazione degli ecosistemi con la deforestazione principalmente per far spazio ad allevamenti bovini e a nuove coltivazioni intensive (soprattutto soia) destinate al foraggio animale.

La carne e il mangime ricavati dal disboscamento di queste terre finiscono in tutto il mondo, Italia compresa, che si colloca tra i primi acquirenti con oltre 27.000 tonnellate di carne bovina importati solo nel 2018 dal Brasile.

Gli incendi della foresta amazzonica

Quello che è accaduto l’anno scorso nella foresta amazzonica, e continua ad accadere ancora, ci fa male, brucia nella nostra coscienza e chiede giustizia.

Certamente le alte temperature hanno favorito il protrarsi degli incendi avvenuti per gran parte del 2019, ma la foresta pluviale amazzonica, che rimane umida per gran parte dell’anno, non brucia naturalmente.

Le istituzioni di ricerca e le organizzazioni non governative che operano in Amazzonia, tra cui IPAM hanno appurato che gli incendi sono intenzionali.  La responsabilità è attribuita agli agricoltori e alle grandi imprese zootecniche e agro-industriali, che usano il metodo “taglia e brucia” per liberare la terra, non solo dalla vegetazione, ma anche dalle popolazioni locali e indigene.

Gli alberi vengono tagliati nei mesi di luglio e agosto, lasciati in campo per perdere umidità, successivamente bruciati, con l’idea che le ceneri possano fertilizzare il terreno. Quando ritorna la stagione delle piogge, l’umidità del terreno denudato favorisce lo sviluppo di vegetazione nuova per il bestiame.

L’allevamento del bestiame

L’allevamento del bestiame è responsabile dell’80% della deforestazione in corso nella foresta pluviale amazzonica.

La deforestazione per creare pascoli e soia destinati agli allevamenti intensivi è stata documentata da più parti. Per esempio Animal Equality, ong internazionale per la difesa dei diritti degli animali, ha documentato la deforestazione in Amazzonia e il commercio di soia con immagini girate tramite i droni. La soia viene trasformata in mangime per polli, maiali e pesci. Quasi l’80% della soia mondiale viene utilizzata per l’alimentazione degli animali confinati negli allevamenti.

Una parte significativa dell’offerta globale di carne bovina, compresa gran parte dell’offerta di carne in scatola in Europa, proviene da terreni che un tempo erano la foresta pluviale amazzonica.

La politica sbagliata dell’UE

Un milione di specie sono a rischio estinzione a causa dei cambiamenti climatici.

Quanto vale la vita degli orsi polari, delle api e delle migliaia di specie che popolano le nostre foreste? Degli indigeni, degli animali marini, dei nostri figli e nipoti?

Per le aziende che continuano a sfruttare le risorse naturali e “insultare” il delicato equilibrio della natura vale meno di zero.

Non ci si può trincerare dietro la minaccia di chiudere le industrie e lasciare disoccupati milioni di lavoratori che devono sfamare le loro famiglie.

Le risorse naturali sono quasi finite. Basta. A breve, questione di pochi anni, non ci saranno più famiglie da sfamare. Ce ne rendiamo conto?

Il 9 Marzo 2020 3.600 scienziati di tutto il mondo hanno firmato un appello, condannando di fatto la politica agricola comune dell’UE per il fallimento nel campo della tutela della biodiversità e della lotta ai cambiamenti climatici.

Complessivamente in tutto il mondo, l’80% della deforestazione avviene per permettere alle multinazionali di coltivare palma da olio, soia e altre materie prime destinate anche al mercato europeo. Siamo costretti a mangiare cibi prodotti con materie prime provenienti da altri continenti, che non hanno i controlli che noi pretendiamo qui in Europa. Cibi che ci fanno male in tutti i sensi.

La macchina dei profitti ad ogni costo è ancora lanciata a tutta velocità.

Le aziende continuano ad inquinare, le banche italiane come Unicredit e Intesa Sanpaolo  continuano ad aiutare multinazionali che accumulano profitti a discapito della salute del Pianeta. 

Lo scellerato Accordo UE-Mercosur

Si tratta di un patto commerciale dell’UE con il Mercosur, un blocco comprendente l’Argentina, il Brasile, il Paraguay e l’Uruguay. L’accordo avrebbe dovuto consolidare le relazioni politiche ed economiche tra i paesi dell’UE e quelli del Mercosur.

Sulla carta avrebbe dovuto offrire alle imprese europee un netto vantaggio in un mercato dall’enorme potenziale economico e consolidare le importanti riforme economiche e la modernizzazione in corso nei paesi del Mercosur. “ L’accordo rispetta i più elevati standard in materia di sicurezza alimentare e tutela dei consumatori, rispetta il principio della precauzione per la sicurezza alimentare e le norme ambientali e contiene impegni specifici per quanto riguarda i diritti del lavoro e la protezione ambientale, compresa l’attuazione dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e delle relative norme di esecuzione.”

In pratica, però, il Mercosur punta ad incrementare le esportazioni di carne bovina e altri prodotti agricoli verso l’Unione europea. L’Europa, da parte sua, sotto la spinta decisiva della Germania (con il supporto di Spagna e Portogallo), ha in cambio un’apertura dei mercati alle auto di grossa cilindrata, specialmente grandi fuoristrada (SUV), che ora subiscono una tariffazione del 35%. Altri beni che viaggeranno più speditamente verso l’America latina sono i macchinari (oggi tassati del 20%) e i prodotti chimici (che attualmente affrontano un sovrapprezzo del 18%) .

L’UE predica bene e razzola male

Nelle dichiarazioni pubbliche della Commissione gli accordi commerciali avrebbero dovuto promuovere lo sviluppo sostenibile e i diritti umani. Tuttavia, restano dubbi su quale sorte avranno queste promesse, vista la mancanza di clausole vincolanti e di sanzioni per le violazioni.

Mi sembra un accordo scellerato. Infatti i due paesi sono determinati a raggiungere un incremento degli scambi di prodotti ad alto impatto. Da una parte carne bovina e pollame, latte, soia OGM per mangimi, ed etanolo derivato dalla canna da zucchero, in diretta competizione con le produzioni europee sicuramente migliori, ma senza chiari paletti sul consumo del suolo, la deforestazione, il rispetto dei diritti delle comunità indigene.

Dall’altro automobili di grossa cilindrata. Automobili che non ha più senso produrre.  Uno scambio che se ne frega proprio dell’ambiente. Ho sempre avuto grande fiducia nell’UE e nella Germania, ma non poteva farci questo per vendere macchine di lusso e prodotti chimici!

Si va indietro piuttosto che avanti

Le grandi multinazionali la fanno ancora da padrone. Per fare il loro gioco il Presidente Bolsonaro ha smantellato i vincoli  sulle protezioni ambientali. Così le incursioni di bande violente sulle terre dei popoli indigeni non sono reati. Con la sua politica ha alimentato una crescita esponenziale del tasso di deforestazione in Amazzonia, certificato perfino dall’Agenzia spaziale brasiliana.

Coldiretti si è schierata nettamente contro l’accordo Ue-Mercosur: “In Brasile, dall’inizio dell’anno, sono stati approvati 211 pesticidi, molti dei quali sono vietati in Europa”. La carne proveniente dal Brasile non è sicura, perché in quel paese i controlli sono molto bassi. Per esempio nel 2017 una maxi indagine ha portato alla luce l’uso di prodotti chimici nella carne scaduta destinata all’UE, compresi acidi vietati per l’uso alimentare.

Nel nostro Paese, tra aprile 2018 e giugno 2019, sono arrivate così oltre duemila tonnellate di carne, destinate a grossisti che riforniscono la ristorazione e la grande distribuzione. Ma ci fidiamo? E a quale prezzo? Alla fine è il  consumatore europeo che finanzia la deforestazione dell’Amazzonia?

Non c’è coerenza tra questo accordo e i valori che l’Ue pretende di incarnare. E’ un vero colpo di coda del diavolo.

Non si può incoraggiare l’economia quando non sia sostenibile. Qualunque accordo è destinato a creare più danni. Per questo noi ci aspettiamo dall’UE una dimostrazione di civiltà e di coerenza con i propri, i nostri progetti di cittadini europei. Intanto smettere di foraggiare la deforestazione evitando di acquistare i prodotti del Brasile creati con il disboscamento.

mettere dei chiari paletti alla produzione in sudamerica

“Per garantire che i cittadini europei non siano complici inconsapevoli della distruzione di foreste fondamentali per il Pianeta, come l’Amazzonia”, Greenpeace chiede alla Commissione europea di presentare rapidamente una normativa “che garantisca che carne e altri prodotti, come la soia, l’olio di palma e il cacao, venduti sul mercato europeo, soddisfino rigorosi criteri di sostenibilità e non siano legati alla distruzione o al degrado degli ecosistemi naturali e alle violazioni dei diritti umani”.

Un altro accordo scellerato…

Via della Seta ..affari con la Cina per lo smercio di carne suina proveniente da allevamenti intensivi.

Il 23 marzo Italia e Cina hanno siglato accordi economici per miliardi di Euro, e tra questi ci sono accordi relativi al commercio di carne. In Cina, a causa della pandemia di peste suina, sono rimasti a corto di carne. L’Italia potrà esportare carne di suino congelata nel mercato più grande del Pianeta ed ampliare così il proprio numero di vite allevate e uccise.

Un accordo promosso come una grande opportunità per il settore, di rilancio per il paese. Ma non è, invece, l’ennesimo grande sfruttamento di vite animali e un immenso saccheggio di acqua, territorio e ambiente, e fonte di inquinamento?

Anche qui, che senso ha fare accordi per attività non sostenibili?

Quanti allevamenti lager sono cresciuti per questo accordo? Quanto si è innalzato il tasso di inquinamento nel nord Italia? Quanto ha pagato il nord in termini di vite umane a causa del Covid-19, per cui l’inquinamento è un cofattore accertato?

Facciamo in modo che il Covid-19 ci insegni qualcosa

Sempre più Istituti scientifici affermano che dobbiamo drasticamente rivedere gli allevamenti ed il sistema della produzione industriale zootecnica, ma il nostro Governo, come l’UE, vanno esattamente nella direzione opposta. Rimangono fermi alle vecchie idee economiche.

Gli scienziati da tempo avvertono che siamo già 1°C  sopra i livelli preindustriali. Se si dovesse continuare ad emettere CO2 ai ritmi odierni, il livello di 1,5°C potrebbe essere superato tra soli 11 anni e le conseguenze potrebbero essere devastanti.

Ascoltiamoli, questi scienziati! Il compito dei politici non è solo salvare l’economia.

In molti abbiamo visto questo tempo di isolamento e di sosta come una possibilità per sentirci più liberi dai circuiti limitanti delle azione usuali, e per dedicarci alla dimensione interiore.

Oggi il nostro impegno più grande dovrebbe essere: dedicare in via prioritaria ogni nostro talento al rinnovamento globale dei valori e dei modelli umani.

fonti

wwf

corriere della sera

repubblica

snpambiente

il fatto quotidiano

Foto di gryffyn m su Unsplash