Lo spreco del cibo ci allontana dagli obiettivi di sostenibilità

La lotta allo spreco del cibo continua

Risulta fondamentale sviluppare l’agricoltura sostenibile e diminuire lo spreco e la perdita di cibo. Nell’ottobre 2018, un nuovo rapporto del Comitato Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici dell’ONU (IPCC)  ha dato una notizia a dir poco allarmante: il mondo sentirà gli effetti dei cambiamenti climatici molto prima di quanto si pensasse. Al fine di limitare il riscaldamento globale ed evitarne gli effetti negativi sarà necessario adottare “cambiamenti rapidi, di vasta portata e senza precedenti a tutti i livelli della società”.

Poiché, sempre secondo recenti stime, le attività agricole sarebbero responsabili del 30% delle emissioni globali di gas serra,  occorre includere nelle azioni volte alla lotta contro il cambiamento climatico misure per la sostenibilità del sistema alimentare globale.

Spreco di cibo con una popolazione in crescita da sfamare

La maggior parte degli scienziati ed economisti sono d’accordo sul fatto che qualsiasi azione dovrà fare i conti con la necessità di nutrire un pianeta con una popolazione in crescita.

Se negli ultimi anni sono stati fatti progressi per sconfiggere la fame estrema, soddisfare la domanda di cibo sarà sempre più difficile con la costante crescita della popolazione mondiale. E man mano che i mercati emergenti diventeranno più ricchi, aumenterà anche la domanda di alimenti di più alta qualità e a più alto consumo di risorse.

Un compito molto importante per i governi è garantire a tutti i cittadini un’alimentazione sufficiente. Sebbene a livello globale siano stati fatti progressi per ridurre il numero di persone affamate, la fame nel mondo è di nuovo in aumento. A causa di fattori quali conflitti bellici e cambiamenti climatici, il numero di persone afflitte da privazione cronica di cibo è salito a quasi 821 milioni nel 2017. Erano circa 804 milioni nel 2016. (dati  FAO).

Al contempo, ci sono importanti sfide da affrontare in campo nutrizionale, dalla lotta all’obesità alla riduzione della malnutrizione, alla scarsa accessibilità a vitamine e minerali. Il rapporto, integrando i risultati più recenti del Food Sustainability Index (FSI), mira a valutare le sfide ed evidenziare le soluzioni e le migliori pratiche a disposizione.

Necessità di una drastica riduzione dello spreco del cibo

Negli ultimi dieci anni lo spreco alimentare ha ricevuto grande attenzione perché considerato causa di effetti negativi economici, ambientali e sociali. Inoltre rappresenta uno dei temi più importanti correlato al concetto di sostenibilità.

Tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, l’obiettivo 12 è dedicato a una produzione e a un consumo responsabile.

Quando si parla di metter fine alla povertà (Obiettivo 1) non si può dimenticare che lo spreco di cibo porta alla perdita di cifre che sfiorano i 1000 miliardi di dollari ogni anno. Rispetto alla lotta alla fame (Obiettivo 2), gli esperti stimano che riducendo del 25% lo spreco alimentare ci sarebbe cibo sufficiente per nutrire tutti coloro che oggi soffrono a causa della malnutrizione.

La prevenzione strutturale degli sprechi alimentari è un obiettivo di sostenibilità d’importanza strategica.  Se correttamente indirizzato, può contribuire ad affrontare e risolvere diversi temi critici che l’umanità si trova ad affrontare: i cambiamenti climatici, la sicurezza alimentare, la tutela delle risorse naturali (acqua, suolo e biodiversità), lo sviluppo economico e il benessere sociale.

Tutti gli obiettivi sono interconnessi.

La lotta allo spreco quindi aiuta il raggiungimento degli altri gli obiettivi che puntano a creare città sostenibili (Obiettivo 11), alla difesa delle acque (Obiettivo 14) e del suolo (Obiettivo 15) e a contrastare i cambiamenti climatici (Obiettivo 13).

Sprecare cibo è sprecare risorse

Sebbene la relazione tra alimentazione non sostenibile e cambiamenti climatici sia nota ormai da decenni, ogni giorno enormi quantità di prodotti del tutto commestibili vengono gettati nella spazzatura.

Gettare il cibo significa anche sprecare e consumare inutilmente le risorse energetiche utilizzate per produrlo, trasportarlo, conservarlo e confezionarlo.

Quello dello spreco alimentare è un problema che coinvolge la maggior parte dei Paesi industrializzati e non solo. Secondo i dati resi noti dalla FAO (Food and Agricolture Organization of the United Nations) nel 2019, nel corso di un anno vengono mandate al macero ben 1.3 miliardi di tonnellate di cibo ancora commestibile.

Cibo potenzialmente in grado di sfamare gli 821 milioni di persone che tutt’oggi non hanno accesso a risorse nutritive adeguate. Di questi fanno parte 43 milioni di cittadini europei che pure faticano ad assicurarsi due pasti al giorno.

Gli alimenti più sprecati sono frutta e verdura, che sono i più deperibili, poi latte e i suoi derivati. Si spreca anche molto pane.

Occorre maggiore consapevolezza

Il Direttore Generale della FAO Qu Dongyu, intervenuto nel novembre 2019 alla Conferenza in Vaticano sulla riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari  ha affermato che per ridurre gli sprechi alimentari ed eliminare la fame nel mondo serve più consapevolezza e maggiori investimenti e innovazioni, tecnologie digitali incluse.

Secondo i dati FAO circa il 14% della produzione alimentare mondiale va perso tra le fasi della filiera alimentare a partire dal raccolto, non compresa la vendita al dettaglio, con perdite per 400 miliardi di dollari.

perdite di cibo e sprechi di cibo

Infatti bisogna fare una distinzione tra perdita di cibo e spreco di cibo. La perdita di cibo si ha lungo la catena di produzione del cibo, a partire dal raccolto, non includendo la vendita al dettaglio. Lo spreco di cibo si ha a livello della vendita al dettaglio e del consumatore finale.

Cause importanti della perdita di cibo riguardano le condizioni climatiche che influiscono sul raccolto, la conservazione inadeguata e i problemi nel trasporto o sul mercato.

Le perdite alimentari avvengono principalmente nei paesi in via di sviluppo.

Le cause di spreco di cibo nei negozi al dettaglio sono dovuti alla deperibilità, alla necessità dei prodotti di soddisfare standard estetici in termini di colore, forma e misura, e alla variabilità della domanda.

Lo spreco del consumatore si ha soprattutto per l’acquisto e la preparazione di dosi eccessive di cibo. La conservazione scorretta del cibo in casa a volte provoca dimenticanza di cibi che così giungono alla data di scadenza.

C’è poi da considerare la confusione tra il ”da consumarsi preferibilmente entro” e “scade il”. I prodotti del primo tipo possono essere consumati tranquillamente anche dopo la data indicata sulla confezione.

Qu ha detto che lo spreco di frutta e verdura causa lo spreco di 75 miliardi di metri cubi di acqua all’anno, mentre quello di carne e prodotti animali si traduce in 715 milioni di ettari di terra utilizzati inutilmente.

E non dimentichiamo che il cibo perso/sprecato genera l’8% delle emissioni globali di gas serra.

Anche lo spreco del cibo è in crescita

Una recente ricerca condotta dall’Università di Wageningen e pubblicata nel febbraio del 2020 nei Paesi Bassi ha sottolineato come lo spreco alimentare stia aumentando in modo costante, nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione. Secondo questa ricerca i dati della Fao sottostimano lo spreco di cibo reale.

Anche i dati diffusi dalla Fondazione Barilla Center for Food e Nutrition (BCFN), in occasione della Giornata Nazionale di prevenzione dello Spreco Alimentare, mostrano un fenomeno drammatico. Decisamente ci allontaniamo dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030 dell’ONU.

E’ stato detto che “il 30% dei cereali prodotti, il 35% del pesce pescato, il 45% di frutta e verdura coltivata, il 20% dei prodotti lattiero-caseari e il 20% della carne  vengono gettati ogni anno.”

tabella spreco fixing food 2018

Un danno enorme per il Pianeta, che ci fornisce le sue risorse. Non possiamo distruggere un pianeta per produrre cose quasi la metà delle quali finiscono nella spazzatura. Da non sottovalutare il danno economico, per le aziende e le stesse famiglie. Il danno è anche sociale, visto che con 1/4 di quel cibo potremmo sfamare i milioni di persone nel mondo che non hanno possibilità di mangiare.

E in Italia?

Dal 2016 in Italia esiste la Legge Gadda che ha come finalità proprio la riduzione degli sprechi dei prodotti alimentari e farmaceutici in tutte le fasi della filiera, dalla produzione fino al consumo finale. Si è puntato in particolare sulla ricerca, sull’informazione e sulla sensibilizzazione dei consumatori e delle istituzioni riguardo al problema dello spreco.

In Italia sono inoltre attive su tutto il territorio diverse banche alimentari coordinate dalla Rete Banco Alimentare, il network nazionale a cui donare cibo in eccesso e che sostiene le strutture caritative che offrono cibo a chi ne ha bisogno.

Nel 2014 è stato messo a punto anche un Piano Nazionale di Prevenzione degli Sprechi Alimentari PINPAS, grazie a Andrea Segrè, Presidente Last Minute Market.

Nonostante questi punti positivi, lo spreco alimentare è sempre molto alto. Secondo l’analisi del FSI i consumatori italiani sprecano una media di 65 kg a persona ogni anno, che li colloca molto in basso nella classifica dei paesi più virtuosi.

Per fortuna il cibo perso in fase di produzione non raggiunge livelli particolarmente preoccupanti (circa il 2%), nella media con gli altri paesi europei.

Impatto economico dello spreco di cibo in Italia

È l’Università di Bologna in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, grazie al progetto Reduce, a calcolare l’impatto economico di quanto viene sprecato. Complessivamente il valore è di circa 15 miliardi di euro, pari all’1% del PIL. Di questi, 12 legati allo spreco domestico e 3 a quello che avviene nelle varie fasi della filiera di produzione, distribuzione inclusa. Le cifre per una sola persona non sembrano molte. Il guaio è che moltiplicato per tutti gli Italiani diventano 1,6 milioni di tonnellate all’anno di cibo sprecato.

Sebbene i consumatori abbiano la percezione di sprecare poco e che il grande spreco avvenga soprattutto nelle mense, nei ristoranti e nei supermercati, nei cosiddetti paesi sviluppati (Europa, Nord America e Oceania) lo spreco maggiore avviene invece a livello del consumatore finale. Per l’industria, i ristoranti e la distribuzione lo spreco è una perdita finanziaria, quindi operano per ridurlo al minimo.

Una buona notizia

All’inizio del 2020 lo spreco di cibo risulta per la prima volta in calo nelle case degli italiani. In poco più di un anno l’Italia “risparmia” 1 miliardo e mezzo, invertendo la tendenza spreco del 25%. Ad annunciarlo il rapporto 2020 dell’osservatorio Waste Watcher, il primo Osservatorio nazionale sugli Sprechi, attivo per iniziativa di Last Minute Market. Il rapporto è stato presentato al ministero della salute in occasione della 7^ Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, il 5 febbraio 2020.

Poi gli italiani sono rimasti a casa per due mesi a causa del Covid. Avranno sprecato di più o di meno?

L’importanza della sensibilizzazione

Abito accanto a un bar e diverse volte mi è accaduto di vedere il barista aprire il cassonetto dell’organico e buttar giù con sveltezza vassoi interi di croissant, paste e cannoli! E se li avesse regalato alle persone più bisognose invece? Un giorno gliel’ho detto. La risposta è stata che non aveva tempo da perdere.

Da più parti si sottolinea l’importanza della sensibilizzazione e della formazione, che sono vitali per affrontare il problema delle perdite e degli sprechi alimentari.  Si deve iniziare dalle famiglie: educare i bambini al rispetto e all’apprezzamento del cibo è fondamentale, in quanto porta a nuovi modelli di consumo, sani e sostenibili.

Ricordo che mia nonna buttava il pane solo in caso di estrema necessità, perché al limite lo dava agli uccelli o ai pesci. Prima di buttarlo, me lo faceva baciare, per non offendere Gesù. Io lo baciavo ma in realtà solo per non offendere lei. Quando sono cresciuto era una liberazione buttare il pane senza sentirmi in colpa. Adesso però capisco l’importanza sacra del cibo e la necessità di non sprecarlo. Ai miei figli sicuramente imparerò a riciclare il pane prima di buttarlo, e farci delle fantastiche frittelle come faceva lei.

Mentre possiamo pensare che se buttiamo cibo a rimetterci sia solo la nostra tasca e quindi che importa, a rimetterci è l’intero pianeta.

Il cibo in eccesso che si da agli animali, non è considerato spreco. Perfetto. Io lo do ai gatti e ai cani quando sbaglio le dosi.

Queste cose gli uomini le hanno sempre saputo, dobbiamo solo reimpararle.

Le religioni ce lo insegnano

Il Buddhismo per esempio conferisce particolare valore non solo al cibo stesso ma anche alle modalità di preparazione dei pasti.

Nella tradizione zen, il cuoco riveste un ruolo di grande responsabilità e prestigio. Il Buddha infatti riconosce il fatto che tutti gli esseri viventi sono legati gli uni agli altri. Mutano forma e in qualche modo “migrano” da un corpo a un altro, attraverso l’alimentazione. Per questo sono necessari  devozione verso gli alimenti e rispetto nella preparazione del cibo. È importante che il cuoco si assicuri che nulla vada sprecato, riutilizzando successivamente gli scarti, sviluppando così un senso di gratitudine per la vita originaria degli ingredienti e verso tutti i legami impliciti contenuti in un pasto.

Significativo anche il discorso del Santo Padre tenuto lo scorso 18 maggio ai membri della Federazione Europea dei banchi alimentari:

Lottare contro la piaga terribile della fame vuol dire anche combattere lo spreco. Lo spreco manifesta disinteresse per le cose e indifferenza per chi ne è privo. Lo spreco è l’espressione più cruda dello scarto. Mi viene in mente quando Gesù, dopo aver distribuito i pani alla folla, chiese di raccogliere i pezzi avanzati perché nulla andasse perduto (cfr Gv 6,12). Raccogliere per ridistribuire, non produrre per disperdere. Scartare cibo significa scartare persone. E oggi è scandaloso non accorgersi di quanto il cibo sia un bene prezioso e di come tanto bene vada a finire male.

Foto di Marek Studzinski su Unsplash