Microplastiche: cosa sono e come si diffondono

Stime recenti riportano come oggi siano presenti oltre 150 milioni di tonnellate di plastica negli oceani del mondo, ma ancora poco sappiamo delle microplastiche.

Secondo l’ultimo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), ogni chilometro quadrato di oceano contiene in media 63.320 particelle di microplastica, con differenze significative a livello regionale. Ad esempio nel Sudest asiatico il livello è 27 volte maggiore rispetto ad altre zone. Il Mediterraneo è uno dei mari più inquinati al mondo: qui si concentra il 7 per cento delle microplastiche a livello globale. Inoltre ci sono cinque regioni oceaniche (dette gyres) dove, per via delle correnti, si accumulano le più grandi quantità di detriti.

Cosa sono le microplastiche? 

Come è facile intuire le microplastiche sono particelle di plastica più piccole di 5 millimetri. Esistono anche particelle più piccole, che prendono il nome di nanoplastiche, ma date le dimensioni sono impossibili da campionare con le attrezzature oggi a disposizione. Di queste, dunque, sappiamo ancora poco.

La maggior parte della plastica non è biodegradabile e permane nell’ambiente per centinaia di anni. Ad esempio una busta di plastica vive 20 anni, un filo da pesca 600 anni e un banale bicchiere di plastica 50 anni.

Ma non essendo biodegradabili, tutti questi oggetti si rompono in pezzi sempre più piccoli, probabilmente anche oltre i 10nm.

Finendo in acqua le materie plastiche o i tessuti sintetici si disciolgono in frammenti più piccoli per molti motivi, dall’effetto dei raggi ultravioletti al vento, dalle onde, ai microbi e alle alte temperature.

Queste particelle di plastica distrutte vengono spazzate dalla pioggia in laghi, fiumi, fogne, ecc. Alla fine, le microplastiche convergeranno nell’oceano o in un altro grande bacino d’acqua.

Come si diffondono?

Come abbiamo detto possono anche provenire da frammenti di oggetti di plastica più grandi che si sono decomposti nell’ambiente naturale.

Le microplastiche comprendono anche piccole fibre di vestiti di nylon e altri tessuti sintetici.

Sono state trovate anche nell’aria che respiriamo.

Infatti un modo in cui le microplastiche possono entrare nell’aria è a causa dei nostri vestiti. Quando le fibre di stoffa si staccano dal tessuto sintetico, possono rimanere sospese nell’aria e galleggiare e poi vengono sospinte dal vento.

I lavaggi in lavatrice

Un altro modo in cui le microplastiche entrano nell’ambiente è attraverso il lavaggio.

In una lavatrice, per esempio, piccole particelle di indumenti vengono asportate lavaggio dopo lavaggio.

Proprio a causa delle loro dimensioni ridotte, non tutte le microplastiche vengono catturate e pulite dagli impianti di trattamento delle acque reflue. E così riescono a diffondersi nell’ambiente.

Le fibre sintetiche

Il consumo delle fibre sintetiche è cresciuto molto nel settore dell’abbigliamento domestico e industriale, arrivando a rappresentare il 61 per cento della domanda di fibre a livello globale.

Le fibre di plastica, come poliestere, acrilico e poliammide, vengono “erose” attraverso i lavaggi in macchina e poi drenati nei sistemi idrici. La Norwegian environment agency ha rilevato che ogni singolo indumento, a ogni singolo lavaggio, rilascia fino a 1.900 fibre sintetiche. Per questo, secondo la stessa fonte, le emissioni di microplastica nelle acque derivate dal lavaggio di indumenti supera quello dei cosmetici, costituendo il 35 per cento di tutte le microplastiche in acqua.

 I cosmetici

Negli anni Novanta il settore della cosmesi e i produttori di prodotti per il make-up hanno cominciato a inserire “microsfere” nei detergenti per la pelle, nei dentifrici, nelle creme da barba. A metà degli anni Duemila i controlli hanno ritrovato queste microsfere di plastica in natura e nei sistemi idrici pubblici. Va a finire così che si trovano anche nell’acqua che sgorga dal rubinetto di casa.

Le microsfere vengono aggiunte intenzionalmente in una serie di prodotti presenti sul mercato dell’UE, ad esempio taluni cosmetici, prodotti per la cura della persona, detergenti per la pulizia, vernici, prodotti dell’industria petrolifera e del gas nonché per la sabbiatura abrasiva.

Una delle più comuni particelle in ambito cosmetico è senza dubbio il polietilene. Presente in molti prodotti come esfolianti, saponi, creme e gel, è quello che conferisce quell’effetto levigante ed illuminante alla nostra pelle.

Altre microplastiche molto usate sono l’etilene e lo stirene, quest’ultimo presente soprattutto negli ombretti o nei fondotinta in polvere.

Le particelle di microplastica possono svolgere anche altre funzioni, come regolare la viscosità , l’aspetto e la stabilità di un prodotto.

Tra l’altro, l’ECHA, l’Agenzia europea delle sostanze chimiche, sta esaminando alcuni prodotti che agiscono rilasciando intenzionalmente particelle di microplastica, come ad esempio i fertilizzanti cosiddetti «prilled» (in sfere cave) utilizzati in agricoltura.

Gli pneumatici

La parte esterna del pneumatico è costituita da polimeri sintetici mischiati a gomma e altri additivi. Un buon numero di microplastiche deriva così dallo sfregamento degli pneumatici sull’asfalto durante la guida.

Le navi

Le navi rappresentano tutt’oggi una rilevante fonte di rifiuti marini: nonostante un accordo internazionale introdotto nel 1988 che vieta ai pescherecci di abbandonare in mare reti e scarti di plastica, si stima che solo nei primi anni Novanta siano state immesse in mare 6,5 milioni di tonnellate di questo materiale.

 Gli esseri umani consumano le microplastiche?

Ci sono diversi modi in cui gli esseri umani potrebbero consumare microplastiche.

 Frutti di mare contaminati

Le microparticelle di plastica finite nell’ambiente marino sono mangiate dal plancton, che viene poi mangiato dai pesci. Le particelle di plastica continuano a risalire la catena alimentare fino a raggiungere i nostri piatti.

Si dice che le cozze siano particolarmente sensibili alla contaminazione da microplastiche. Tuttavia, la plastica può anche essere potenzialmente trovata in quasi tutti gli altri animali che vivono nell’oceano o in qualsiasi altro corpo idrico.

Secondo l’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, il 15-20% delle specie marine che finiscono sulle nostre tavole contengono microplastiche. 

Polvere e aria

Secondo le ultimissime ricerche, probabilmente la polvere domestica è una fonte più importante di microplastiche rispetto alle cozze.

Sebbene un purificatore d’aria o un filtro per l’acqua possano ridurre le particelle di plastica più grandi (fino ad un paio di micron),  non arrivano a rimuovere le nanoparticelle più piccole.

acqua potabile

Sappiamo già che le microplastiche si trovano negli oceani, nei laghi e in altre fonti d’acqua.

Quindi, cosa ci rende certi che la nostra acqua potabile sia priva di plastiche tossiche?

Orb Media, un’organizzazione con sede a Washington che conduce inchieste e ricerche su problemi che impattano milioni di persone, nel 2018 ha condotto una ricerca sulle microplastiche nell’acqua in bottiglia.

Hanno testato più di 250 bottiglie d’acqua acquistate in 9 paesi diversi. Gli 11 marchi di acqua in bottiglia testati comprendevano nomi importanti.

Di tutte le 259 bottiglie testate, il 93% conteneva particelle microplastiche, incluse polipropilene, nylon e PET. La media era di 325 particelle per litro di acqua. In una bottiglia della Nestlè la concentrazione era di 10.000 pezzi di plastica.

Quel livello di microplastiche nell’acqua in bottiglia era il doppio del livello riscontrato nell’acqua di rubinetto (sulla base di uno studio simile condotto da Orb l’anno precedente).

Le microplastiche sono dannose per la salute umana?

Qualsiasi microplastica più grande di 150 micron o 0,15 millimetri (la dimensione dei granelli di sabbia fine) dovrebbe essere in grado di scorrere sul nostro corpo senza problemi.

Il problema si verifica quando arriviamo a particelle ancora più piccole di 150 micron o 0,15 millimetri. C’è un’alta probabilità che queste particelle di microplastiche possano effettivamente essere pericolose per il corpo umano.

Per esempio, ci sono prove che le microplastiche possono assorbire sostanze chimiche tossiche e poi rilasciarle nei sistemi digestivi di un animale.

Un altro studio piuttosto inquietante ha dimostrato che le particelle nanoplastiche depositate nel cervello dei pesci hanno influenzato il loro comportamento.

Tuttavia, non ci sono prove al momento che le nanoplastiche penetrino nel tessuto cerebrale negli esseri umani e ne influenzino il comportamento.

Ancora non sappiamo abbastanza sui potenziali rischi per la salute delle microplastiche.

Cosa possiamo fare?

Il problema è già allarmante. Tuttavia, esiste un modo per evitare che questo problema peggiori in futuro: produrre e utilizzare meno plastica. È qui che noi, in quanto individui, possiamo fare la differenza riducendo la quantità di plastica che usiamo.

La maggior parte degli articoli fatti di plastica usa e getta sono comunque non indispensabili e potrebbero essere facilmente rimossi dalla nostra vita (come cannucce di plastica e sacchetti di plastica). Quanto sono belli i sacchetti di stoffa o i contenitore di vetro!

Ci sono molti modi per ridurre la quantità di plastica usa e getta.

Evitare di comprare il cibo spazzatura confezionato, smettere di comprare acqua in bottiglia e smettere di usare cannucce di plastica, piatti, bicchieri di plastica, tovaglie di plastica e le buste per la spesa. Tutti gli oggetti a cui possiamo trovare un’alternativa fatta di altri materiali, come contenitori per il cibo, pellicola trasparente e tanti altri.

Esistono alternative alla plastica, ma solo alcuni produttori e rivenditori li stanno utilizzando.

Ciò significa che la responsabilità ricade su di noi in quanto consumatori. Noi dobbiamo premiare le aziende responsabili con la nostra scelta. Puniamo coloro che non prendono sul serio le preoccupazioni ambientali non acquistando i loro prodotti o servizi.

Di fronte alle pressioni esercitate dall’industria dell’imballaggio, le nostre azioni individuali invece possono fare la differenza e guidare il cambiamento.

Pensiamo al fatto che la plastica che usiamo una volta sola in un minuto e gettiamo via con noncuranza sarà ancora in giro per centinaia di anni. E ci riapparirà nell’acqua potabile, nel cibo e nell’aria che respiriamo.

Quindi cominciamo a cambiare. Cerchiamo alternative all’acqua in bottiglia, acquistiamo frutta e verdura non confezionata. Convinciamo il datore di lavoro a utilizzare un filtro dell’acqua per ridurre l’acqua in bottiglia. Prendiamo posizione e lasciamo i prodotti con una confezione di plastica eccessiva sullo scaffale. Anche se sembrano appetitosi non compriamo i biscotti se non hanno un involucro riciclabile. Perdiamo due minuti del nostro tempo ad osservare le etichette.

Quando vedranno diminuire i loro profitti le aziende saranno costrette a cambiare.

E ricordiamoci che 1 piatto di plastica al giorno non utilizzato da 1 persona sembra non faccia la differenza…ma se a non utilizzarlo sono dieci milioni di persone, avremo dieci milioni di piatti spazzatura in meno.

source:

https://www.lifegate.it/persone/news/plastica-mare

https://www.unenvironment.org/resources/frontiers-2017-emerging-issues-environmental-concern

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5099352/

https://www.lifegate.it/persone/news/microplastiche-cosa-sapere

http://assets.wwfit.panda.org/downloads/plastics_med_finale_italia_def_low.pdf

https://orbmedia.org/stories/plus-plastic/

https://get-green-now.com/microplastics-health-guide/