Il Mar Mediterraneo in una trappola di plastica

Dal report del WWF del 2018 “Mediterraneo in trappola. come salvare il mare dalla plastica.”

Il Mar Mediterraneo, trappola di plastica

Secondo il rapporto del WWF, il Mar Mediterraneo che pure fu la culla di civiltà è oggi tra i mari più inquinati al mondo a causa della plastica.

La plastica rappresenta il 95% dei rifiuti in mare aperto, sui fondali e sulle spiagge del Mediterraneo. I paesi mediterranei che disperdono più plastica nel Mare Nostrum sono la Turchia (144 tonnellate/giorno), seguita da Spagna (126), Italia (90), Egitto (77) e Francia (66).

L’Europa, il secondo maggiore produttore di plastica al mondo dopo la Cina, riversa in mare ogni anno tra le 150 e le 500 mila tonnellate di macroplastiche e tra le 70 e 130 mila tonnellate di microplastiche.

Ogni anno, gli italiani utilizzano solo di imballaggi circa 2,1 milioni di tonnellate di plastica. E ogni giorno 32 milioni di bottiglie di acqua minerale.

Per questo il Mediterraneo rischia di trasformarsi in una vera e propria “trappola di plastica”.

L’inquinamento da plastica

Gli oltre 200 milioni di turisti  che ogni anno visitano il Mediterraneo generano un aumento del 40% dell’inquinamento estivo da plastica.

A questi si aggiungono i rifiuti portati da fiumi come il Nilo, l’Ebro, il Rodano, il Po, i due fiumi turchi Ceyhan e Seyhan che sfociano tutti in mare dopo aver attraversato aree densamente popolate.

E così alle 5 “isole di plastica” oceaniche, due nel Pacifico, due nell’Atlantico e una nell’Oceano Indiano, in cui si accumula la maggioranza dei rifiuti plastici, si aggiunge il Mar Mediterraneo. Quest’ultimo tristemente classificato come la sesta grande zona di accumulo di rifiuti plastici al mondo.

Microplastiche nel Mediterraneo

In questo mare, che rappresenta solo l’1% delle acque mondiali, si concentra il 7% della microplastica globale.

Le microplastiche, i frammenti di plastica più piccoli e insidiosi, hanno raggiunto nel Mediterraneo concentrazioni record: 1,25 milioni di frammenti per km2. Quasi 4 volte superiori a quelle registrate nell’isola di plastica del Pacifico settentrionale.

Anche i sedimenti non se la passano bene, arrivando a concentrazioni di frammenti di plastica tra le più alte al mondo: 10.000 per km2.

Pesci ed uccelli vittime innocenti

Funi e reti da pesca abbandonate, ma anche lacci ad anello e imballaggi, si aggrovigliano intorno agli animali intrappolandoli e in alcuni casi stringendone parti del corpo.

In particolare, tutta l’attrezzatura da pesca abbandonata, persa o dismessa in mare, causa danni alla fauna selvatica, intrappolando e uccidendo pesci e altri animali marini. Il fenomeno infatti è chiamato “pesca fantasma”. Anche la rarissima foca monaca ne è vittima.

Globalmente 344 specie sono state trovate intrappolate nella plastica. Nel Mediterraneo le vittime principali sono: uccelli (35%), pesci (27%), invertebrati (20%), mammiferi marini (13%) e rettili (tartarughe marine).

Queste plastiche possono causare ferite, lesioni, deformità (anche durante la crescita) e impossibilità a muoversi per fuggire dai predatori, nuotare e alimentarsi. Le conseguenze sono quasi sempre fatali: gli animali muoiono per fame, annegamento o perché diventano facili prede.

Gli animali marini mangiano la plastica

Fibre e microplastiche sono state rinvenute in ostriche e cozze, mentre in grandi pesci pelagici  sono stati ritrovati involucri di patatine e di sigarette.

Tutte le specie di tartarughe marine presenti nel Mediterraneo presentano plastica nello stomaco. Le tartarughe scambiano i sacchetti di plastica per meduse.

Il caso più estremo: 9 metri di fune, 4,5 metri di tubo flessibile, 2 vasi da fiori e diversi teli di plastica sono stati trovati nello stomaco di un capodoglio spiaggiato.

Il 18% dei tonni e pesci spada nel sud del Mediterraneo presenta rifiuti di plastica nello stomaco, così come il 17% degli squali boccanera delle isole Baleari, soprattutto cellophane e PET.

Anche animali più piccoli, come le cozze e il granchio comune, ma anche la triglia di fango e la sogliola, che si nutrono sui fondali, possono essere grandi accumulatori di microplastiche.

Lo zooplancton (l’insieme dei piccoli organismi animali alla base della catena alimentare marina) si nutre involontariamente anche di frammenti di plastica più piccoli di 1 mm. Questi possono contenere sostanze tossiche: ingerendole, lo zooplancton le trasmette a tutti gli organismi che di esso si nutrono, arrivando fino a noi.

Il problema dei contaminanti

A questo problema dell’ingestione diretta di materie plastiche si aggiunge quello dei contaminanti. Questi possono essere già presenti nelle plastiche sotto forma di additivi, mentre altri vengono assorbiti dalle microplastiche nell’ambiente marino. Tra questi contaminanti ci sono pesticidi, ftalati, PCB e bisfenolo A. Le microplastiche, in questo modo, diventano veri e propri microframmenti ad alta tossicità.

Il 78% dei contaminanti ambientali che la plastica assorbe dal mare è tossico, persistente e bioaccumulabile. Infatti possiede effetti nocivi sugli organismi con cui entra in contatto, resiste ai processi di degradazione, restando inalterato a lungo ed è capace di concentrarsi negli organismi viventi.

Il polietilene (PE), usato per bottiglie di plastica e buste, accumula più contaminanti organici di altre plastiche. La capacità di assorbimento di sostanze tossiche da parte della plastica aumenta peraltro con il tempo, rendendola sempre più pericolosa per gli organismi che la ingeriscono.

Gli effetti dei contaminanti

Gli effetti avversi di questi contaminanti dipendono anche dal loro tasso di rilascio nell’organismo. Nell’intestino, la plastica rilascia fino a 30 volte più contaminanti che nell’acqua di mare.

Tali contaminanti, una volta entrati nell’organismo, possono interferire con importanti processi biologici, causando danni epatici o alterando il sistema endocrino. Queste alterazioni possono avere effetti sulla mobilità, sulla riproduzione, sullo sviluppo, e causare l’insorgenza di tumori.

Le sostanze assorbite e rilasciate dalla plastica possono anche alterare il DNA, provocando effetti avversi sulla salute.

gli organismi viventi si attaccano alle microplastiche

Gli oggetti o i frammenti di plastica iniziano il loro viaggio fluttuante in uno stato “pulito”. Vengono poi colonizzati da oltre 335 gruppi di organismi diversi tra cui batteri, alghe, spugne, ma anche insetti, crostacei e molluschi.

Le plastiche ritrovate nel Mediterraneo trasportavano tra le più alte concentrazioni di organismi diversi mai registrate, con possibili impatti gravi sugli habitat marini con cui entrano in contatto.

Fiumi di plastica

Dal 18 maggio all’8 Giugno 2019 l’associazione The Blue dream Project a bordo della Goletta “Mahayana” sta navigando nel mar Tirreno per monitorare l’impatto che la plastica ha sull’ecosistema marino.

Il MayDay Sos Plastica è’ un tour organizzato in collaborazione con Greenpeace e insieme a un team di ricercatori e biologi del CNR di Genova e dell’Università Politecnica delle Marche. Il fondatore e Presidente dell’associazione, Francesco Nanni, in tre anni ed in maniera ecosostenibile ha costruito, secondo gli antichi dettami dei maestri d’ascia del Nord America, la “Mahayana” (Grande Veicolo), uno schooner di 18 metri interamente in legno, un’ambasciatrice messa a disposizione di cittadini, ricercatori e studenti per campagne a difesa del mare.

Così Greenpeace ha lanciato l’ennesimo allarme.

Recenti ricerche indicano che l’80% della plastica che finisce in mare si origina in ambienti terrestri come discariche, industrie e impianti di trattamento delle acque reflue. I fiumi sono ormai delle vere e proprie autostrade, che trasportano fino al mare tonnellate di plastica, di ogni forma e dimensione!

La foce del Sarno, tra Napoli e Salerno, per esempio, è uno scenario davvero raccapricciante. E’ forse il fiume più inquinato d’Europa? Il mare sta diventando solo una grossa discarica. Come questo molti altri angoli prima incantevoli sono diventati raccapriccianti.

Foto di Gerald Simon da Pixabay

Il santuario dei cetacei

Nel tratto di mare tra Sardegna, Toscana, Liguria, Principato di Monaco e Francia, area marina protetta,  di alto valore naturalistico per la presenza di molti cetacei, per una convergenza di correnti, si crea un vortice di plastica. Insieme a materiale organico di vario tipo, tristemente, la plastica si accumula proprio  all’interno del Santuario per i mammiferi marini.

E già sono 6, dall’inizio dell’anno, i capodogli ritrovati in spiaggia morti, con la pancia piena di plastica. C’è chi asserisce che non si può stabilire se la plastica sia stata la causa della morte. Il buon senso mi fa dire che se io avessi la pancia piena di plastica avrei buone probabilità di morire.

Leggi europee per la lotta all’inquinamento da plastica

Tutto ciò è incredibilmente deprimente. Ma non voglio finire questo articolo senza un incoraggiamento alla speranza e all’azione.

Il 27 marzo 2019 il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva la direttiva proposta dalla Commissione europea per diminuire significativamente l’utilizzo della plastica entro il 2021.

La Direttiva sui prodotti di plastica monouso è un passo importante nella lotta all’inquinamento da plastica.

Si propone che il divieto di utilizzo, a partire dal 2021, dei prodotti per i quali esistono alternative – oltre che a posate, piatti, bastoncini cotonati, cannucce, mescolatori per bevande e aste dei palloncini – sia esteso anche ai prodotti di plastica oxodegradabile ed ai contenitori per cibo da asporto in polistirene espanso.

Per i prodotti monouso per i quali, invece, non esistono alternative, gli Stati membri dovranno mettere a punto piani nazionali, con misure dettagliate, per ridurre significativamente il loro utilizzo, da trasmettere alla Commissione entro due anni dall’entrata in vigore della direttiva.

gli obbiettivi europei per il riciclo della plastica

Secondo la direttiva, per quanto riguarda le bottiglie di plastica, si dovrà riciclare almeno il 90% entro il 2029, con un target intermedio del 77% al 2025. Nel testo si introduce anche l’obbligo, a partire dal 2024, di avere il tappo attaccato alla bottiglia per evitare che questo si disperda con facilità.

Viene introdotto, inoltre, un contenuto minimo di materiale riciclato, (almeno il 25% entro il 2025 ed il 30% al 2030) nella produzione di bottiglie di plastica per favorirne così la raccolta differenziata. Obiettivi che saranno funzionali anche a incrementare la qualità della raccolta differenziata e del riciclo di questo materiale.

La direttiva prevede che per gli attrezzi da pesca gli Stati membri devono definire dei target nazionali di raccolta e adottare dei piani di monitoraggio per verificarne il raggiungimento.

Viene inoltre rafforzato il principio secondo cui “chi inquina paga”, introducendo un regime di responsabilità estesa per i produttori di tabacco e di attrezzi da pesca. Questo nuovo regime si applicherà ad esempio ai filtri di sigaretta dispersi nell’ambiente e agli attrezzi da pesca persi in mare. Questo garantisce che i produttori sostengano i costi della raccolta.

Gli Stati membri dovrebbero inoltre garantire che almeno il 50% degli attrezzi da pesca contenenti plastica smarriti o abbandonati venga raccolto ogni anno.

Intanto con l’approvazione nell’aprile del 2019 del disegno di legge “Salvamare” i pescatori italiani potranno finalmente portare a terra la plastica accidentalmente finita nelle reti senza essere accusati di traffico illecito di rifiuti né doverne pagare lo smaltimento. Contribuiranno così in modo significativo alla pulizia del Mediterraneo.

I nuovi materiali

Niente paura ci sono molti materiali nuovi già pronti per sostituire la vecchia cara plastica.

L’utilizzo di materiale di derivazione vegetale permette alle stoviglie di essere biodegradabili, di decomporsi, cioè, al 90% entro sei mesi. In commercio si trovano già anche forchette e coltelli compostabili. Sono fatti di Mater-Bi, una bioplastica brevettata in Italia i cui componenti essenziali sono amido di mais e oli vegetali. Anche le posate in legno di betulla costituiscono una valida alternativa.

Ci sono poi le stoviglie in Pla, cioè acido polilattico, un materiale derivato dalla trasformazione degli zuccheri presenti in mais, barbabietola, canna da zucchero e altre sostanze naturali.

La vendita di cotton fioc non biodegradabili in Italia è già vietata dal primo gennaio 2019. Le alternative in commercio sono diverse. Ci sono bastoncini in legno o in altri materiali che riescono a degradarsi entro sei mesi.

Le cannucce colorate in Pet si possono sostituire con cannucce in carta, in acciaio, in vetro o in bambù.

Molte catene di ristorazione già utilizzano contenitori in cellulosa, ecologici al 100%, al posto dei contenitori per alimenti in polistirolo espanso.

RACCOMANDAZIONI PER I CITTADINI:

Ma sta molto a tutti gli esseri umani prendere coscienza e cambiare le abitudini.

    • Quando possibile scegli oggetti fatti con materiali alternativi alla plastica, biodegradabili o riciclati. Si possono usare il pettine o le mollette per stendere in legno, le spugne per pulire in cellulosa. Perché dire addio ai piatti di ceramica, a ciotole, tazze e biberon in vetro, alle tovaglie di cotone? il filo interdentale esiste in materiale biodegradabile anziché in nylon, e i tappetini per lo sport possono essere in fibra di bambù.
    • Evita prodotti usa e getta: no a cannucce, a buste della spesa, all’acqua in bottiglia, a stoviglie e posate, cotton fioc ma anche penne e accendini; scegliamo spazzolini o rasoi con testine intercambiabili.
    • Conserva gli alimenti senza plastica: pellicole, bustine, contenitori in plastica hanno un ottimo e fidato sostituto: il vetro, materiale inerte che, a differenza della plastica, non rilascia eventuali contaminanti.
    • Evita saponi e prodotti cosmetici che contengano plastiche: se tra gli ingredienti leggi polyethylene, polypropylene o polyvinyl chloride vuol dire che la plastica è uno degli ingredienti!
    • Compra a peso: possiamo acquistare alimenti sfusi (frutta, verdura, formaggi, carne, pesce) e detersivi “alla spina” (in caso non siano disponibili, ci sono le eco-ricariche), in modo da minimizzare il packaging.
    • Fai la raccolta differenziata seguendo le regole del tuo Comune/città: smaltiamo correttamente tutti i tuoi rifiuti, portando in discarica quelli speciali.
  • Attivati per sensibilizzare negozi, supermercati e il tuo Comune per ridurre urgentemente la plastica inutile e promuovere la sostenibilità.
  • Sii un cittadino responsabile. Non gettiamo i rifiuti sulle spiagge e nell’ambiente (inclusi i mozziconi di sigaretta) per evitare di inquinare.

source:

report del wwf del 2018,  “mediterraneo in trappola. come salvare il mare dalla plastica.”

https://www.legambiente.it/direttiva-europea-sulla-plastica-monouso/

Foto di Cristian Palmer su Unsplash