I danni alla persona e all’ambiente dei tessuti comuni

Conoscere la composizione dei tessuti di cui sono composti gli abiti che indossiamo è molto importante. Sempre più persone soffrono di allergie, dermatiti da contatto, eczemi e irritazioni in genere. Problemi che possono dipendere anche dai tessuti che indossiamo.

Ci siamo mai chiesti cosa c’è dietro a un paio di jeans o una semplice t-shirt?

Perché evitare i tessuti sintetici

Quando acquistiamo un capo d’abbigliamento la nostra scelta si basa sul modello, sulla vestibilità e sul colore; raramente ci preoccupiamo di conoscere la composizione del tessuto, lasciando così in secondo piano un aspetto davvero importante per la nostra salute. La pelle è infatti una struttura assorbente e incamera aria, luce e calore rifornendo il nostro corpo di energie.

Molti tessuti sintetici non permettono alla pelle di respirare.

Non essendo fibre vive e permeabili, l’umidità costantemente prodotta dal nostro corpo – anche in fase di rilassamento e non solo quando sudiamo – permane tra la pelle e il tessuto stesso creando l’ambiente adatto per la proliferazione di batteri e microorganismi indesiderati.

Ecco perché è importante fare molta attenzione alla composizione del tessuto quando compriamo un abito, della biancheria intima o sportiva o della biancheria per la casa. Dovremmo scegliere tessuti in fibre naturali (di cotone, lino, bambù, cereali, legno, alghe) che garantiscano una corretta traspirazione. Quest’ultima è il mezzo con la quale il nostro organismo regola la propria temperatura interna.

In Italia sempre più aziende tessili hanno deciso di puntare su capi di qualità superiore con l’utilizzo di fibre naturali come lino, canapa, cotone ( che è si una fibra pura e naturale ma la cui coltivazione convenzionale provoca ancora danni ambientali molto pesanti).

Insostenibilità dell’industria tessile attuale

Il settore dei filati è responsabile di un grande consumo d’acqua annuale e di una scarsa attenzione, soprattutto nei mercati emergenti, alle esigenze dell’ambiente.

I consumi di acqua sono spaventosi. Sono necessari 2720 litri d’acqua per produrre una t-shirt, lo stesso quantitativo che basta a soddisfare la sete di una singola persona per tre anni.

Per produrre un kg di cotone, che bastano appena per un paio di jeans e una t-shirt, sono necessari 20.000 litri di acqua. Per coltivare il cotone necessario ad una famosa multinazionale, nel 2008 sono stati consumati 2890 bilioni di acqua, una cifra spaventosa che potrebbe placare la sete di intere nazioni per diversi anni.

Una piantagione di cotone consuma 24% di insetticidi e l’11% di pesticidi. Attenzione quindi, l’etichetta 100% cotone non ci garantisce che il capo sia salutare. Un terzo delle piantagioni di cotone mondiali utilizzano già semi OGM, con conseguenze sconosciute.

Coloranti naturali a base vegetale per tessuti salutari

Molto spesso i coloranti per tingere i tessuti sono a base di metalli pesanti e sostanze chimiche, pericolosi per l’ambiente, per chi li realizza e per chi li indossa. Scegliere abbigliamento che utilizza coloranti naturali significa quindi non esporsi a sostanze tossiche ed evitare irritazioni o allergie.

Infine, nell’ultima fase di fabbricazione del capo di abbigliamento, che sembra la meno dannosa per l’ambiente, ci sono però dei problemi sociali, in quanto i lavoratori sono costretti a lavorare in un ambiente non sicuro e in molti posti queste condizioni di sfruttamento includono anche i bambini.

Stampa

Anche la stampa può avere effetti dannosi sull’ambiente. Normalmente per le stampe vengono usati un numero considerevole di agenti chimici spesso dannosi. Questi possono essere sostituiti dalla stampa all’acqua.

scolorazione

La fase finale della preparazione del capo di abbigliamento, che spesso prevede la scolorazione per ottenere effetti speciali nei tessuti per jeans e magliette è comunque la più inquinante. Essa richiede un notevole quantitativo di agenti chimici.

Trasporto

Anche il trasporto degli indumenti finiti nei negozi ha un impatto ambientale, in quanto le fabbriche di produzione si trovano spesso in nazioni lontane come l’Asia.

A pagare le conseguenze dell’inquinamento ambientale sono soprattutto i paesi asiatici come India, Cina e Pakistan dove sorgono la maggior parte delle fabbriche che producono tessile a basso costo distribuito poi nei paesi ricchi.

Sfruttamento degli animali

A volte i capi di abbigliamento, dietro morbidezza e bellezza, nascondono una verità atroce. Non parliamo solo di pellicce e pelli, ma anche per esempio di piumini d’oca e maglioni in lana angora.

Per ottenere quel capo, così come altri della medesima categoria, si sfruttano gli animali. Sappiamo che gli animalisti denunciano da anni questi comportamenti incivili. Il punto è che al grande pubblico questa verità resta coperta dalla montagna di soldi usata dal marketing.

Gli animalisti negli anni hanno denunciato e continuano a farlo, inascoltati, le gravi sofferenze inflitte agli animali con il solo scopo di ottenere un vantaggio economico. Ma in realtà, per esempio, i prodotti realizzati con materiale sintetico (poliestere) sono più traspiranti dei prodotti in Vera Piuma, garantendo lo stesso grado di “calore”.

I nuovi tessuti

L’alternativa  a tutto questo è cercare nuovi tessuti dermocompatibili, frutto di combinazioni con fibre naturali dalle qualità particolari. Tessuti studiati per chi ha problemi di pelle, per gli sportivi che desiderano tessuti tecnici ma non tollerano i sintetici, per chi ama l’ambiente e vuole tessuti ecologici.

I tessuti più sostenibili sono quelli derivati da materiali riciclati, come la plastica. Seguono le fibre naturali come il cotone biologico perché non necessitano di processi di estrazione, o l’eucalipto che ha un processo di estrazione sostenibile. I meno sostenibili sono il cotone tradizionale e i materiali sintetici.

Cos’è la moda sostenibile?

La moda sostenibile punta a materie prime certificate, in fibre naturali biologiche e certificate o provenienti dalla catena del riciclo. E anche l’alta moda italiana del made in Italy inizia a prestare attenzione a questo importante segmento fatto da consumatori critici.