Carne: consumi in aumento o in calo?

Dopo anni di continua crescita i consumi di carne sembrano destinati a subire una leggera inflessione.

Almeno in Europa le previsioni fino al 2030 indicano un leggero decremento nei consumi e nella produzione di carne.  Un cambiamento poco preoccupante ma significativo nelle motivazioni.  Nel resto del mondo, in altre nazioni come Canada, Usa, Giappone e specialmente Cina,  il consumo è in crescita.

Questo secondo il rapporto del 2018 della Commissione Europea “Eu Agricultural Outlook”

Il decremento è dovuto ai cambiamenti di consumi a favore di proteine vegetali e l’aumento di persone che consumano carne occasionalmente, vegetariani e vegani. I consumatori ritengono importante l’origine della carne e i metodi con cui è prodotta. Se biologica, se rispetta gli standard di benessere animale. Si preferisce la qualità sulla quantità.

Cresce nei consumatori la consapevolezza delle problematiche legate al consumo di carne, come il benessere degli animali, l’impatto ambientale e il cambiamento climatico, le minacce alla salute causate da un eccessivo consumo di carne. Inoltre contribuiscono anche l’aumento dell’età media della popolazione, con un ridotto bisogno di  proteine, e anche una minore disponibilità.

Consumi di carne sempre in crescita

La nostra percezione ci suggerisce che già da diversi anni il consumo di carne sia diventato meno popolare. La medicina ufficiale ha confermato in diverse occasioni che l’eccessivo consumo di carne rosse è uno dei fattori di rischio delle malattie cardiovascolari e del cancro.

Ma in realtà fino al 2018 i consumi di carne non risultavano subire alcun decremento nelle statistiche. Per esempio il consumo di carne a persona continuava a crescere negli Stati Uniti. Lo stesso nell’Unione Europea.

In realtà si mangia meno carne rossa, e più pollame, considerato più salutare. Negli Stati Uniti il pollo rappresenta la metà del consumo di carne.  Si beve meno latte, che può causare allergie e altri problemi di salute, ma si consuma più formaggio e yogurt.

Se volgiamo lo sguardo fuori dall’Europa i consumi di carne mondiali continuano a crescere, lungo una tendenza che ancora non ha trovato un punto di frenata, dalla metà degli anni ’60. Allora mangiare carne in abbondanza significava innanzitutto essersi lasciti dietro il periodo della fame. Essersi assicurati una vita da ceto medio benestante. Inoltre i medici cominciarono a consigliarne il consumo abbondante garantendolo come cibo “salutare” e indispensabile al mantenimento di un buono stato di salute.

consumo carne mondiale

Perciò, dagli anni Sessanta agli anni Novanta, il consumo di carne nelle diverse parti del mondo è aumentato di 5 volte, passando dai 45 milioni di tonnellate nel 1950 agli attuali 300 milioni. E secondo la Fao, questi numeri sono destinati a raddoppiare, in un arco di tempo anche piuttosto breve: entro il 2050.

L’eccessivo consumo di carne è dannoso alla salute dell’uomo

Poi la medicina si è resa conto che troppa carne non fa affatto bene alla salute. L’International Agency for Research on Cancer (IARC) considera l’eccesso di carne e proteine di origine animale un fattore probabilmente cancerogeno. La carne rossa lavorata (insaccati e salumi) è invece sicuramente cancerogena, come il fumo e l’amianto. Naturalmente questi ultimi sono molto più pericolosi. Tuttavia esistono abbastanza studi scientifici che comprovano che la carne rossa lavorata sia cancerogena.

Gli epidemiologi dello IARC consigliano consumi moderati di carne rossa e molto limitati di carne rossa processata, anche alla luce del fatto che nella storia dell’umanità non si è mai consumata così tanta carne e in modo così diffuso.

Il World Cancer Research Fund raccomanda non più di tre porzioni a settimana di carne rossa, che equivalgono a circa 350-500 g, e di evitare o limitare al massimo la carne rossa processata. Inoltre suggerisce di consumare almeno cinque porzioni di frutta e verdura per un totale di almeno 400 grammi al giorno.

In Italia, per esempio, si stima che il consumo sia di 110 grammi di carne al giorno, e 190 grammi di salumi a settimana. Livelli al di sopra della quantità suggerita.

Stime di consumo esagerate

Una ricerca condotta da Vincenzo Russo, professore emerito di Zootecnia all’Università di Bologna ha messo in luce una discrepanza importante fra consumo reale e consumo apparente di carne e pesce. Solitamente, quando si calcolano i consumi procapite, alla produzione nazionale si somma l’importazione, si sottrae l’esportazione e si divide per il numero di abitanti. Ciò vuol dire però che il dato finale ottenuto esprime anche il contenuto e il peso di parti non edibili di carne e pesce (ossa, cartilagini, grasso, carcasse, interiora) che quindi non sono realmente consumate.

I dati di consumo apparente attualmente disponibili (Fao, Ismea) ci dicono che in media un abitante italiano consuma 237 g al giorno di tutti i tipi di carne. Secondo questa ricerca invece il consumo reale procapite corrisponderebbe a 104 g al giorno di tutti i tipi di carne. Questi dati andrebbero a ridimensionare l’allarme sui consumi eccessivi di carne in Italia.

Mappa mondiale consumi di carne

Analizziamo la mappa mondiale dei consumi di carne, in base ai dati della FAO riportati sul sito Our World in data.

Nel 2013, Usa e Australia sono in prima posizione per il consumo di carne. Seguono Nuova Zelanda e Argentina, con 100 kg di carne a persona all’anno. L’equivalente di 50 polli o mezza mucca.

Ci sono ancora zone povere nel mondo dove il consumo è molto basso. In media un Etiope consuma solo 7 kg di carne all’anno.

In realtà le persone mangiano un po’ meno di queste quantità, considerando anche la carne sprecata nel supermercato o a casa.

Nelle nazioni come la Cina e il Brasile il consumo è rapidamente cresciuto negli ultimi decenni. In media una persona in Cina consumava 5 kg di carne negli anni ’60. Oggi ne consuma più di 60 kg.

L’eccezione dell’India

L’India è una eccezione interessante. All’aumento del reddito medio non è seguito un aumento del consumo di carne. Non è che la maggior parte degli Indiani sia vegetariana per motivi religiosi. I due terzi della popolazione mangiano carne, ma in maniera limitata. Il consumo è di circa 4 kg a persona all’anno. Ed è il consumo più basso a livello globale.

L’India però è il primo produttore mondiale di latte, che viene maggiormente esportato. Il consumo di latte è comunque molto alto. Ci sono circa 70 milioni di piccole aziende produttrici di latte. Si produce soprattutto burro di ghee, bevanda lassi, formaggio paneer e yogurt.

Le leggi al momento proibiscono l’import-export di carne bovina. Si possono esportare solo le carni disossate di bufalo.

Produzione mondiale di carne

La produzione mondiale, secondo questi dati del 2014, si è quadruplicata dal 1961.

L’Asia è il maggiore produttore di carne, e produce circa il 40-45% della produzione totale. Nel 1961 Europa e Nord America erano i maggiori produttori.

Anche i tipi di bestiame allevati sono cambiati dal 1961. Oggi si producono maggiormente polli, poi manzo e bufalo, seguiti da maiali, pecore e capra in misura minore. Nel 1961, la carne di pollame rappresentava solo il 12% della produzione globale di carne. La produzione di carne suina è rimasta più costante a circa il 35-40 %.

Tra parentesi, il massiccio incremento di consumo di polli ha spinto un gruppo di scienziati,  nel 2018, a definire il pollo da allevamento come uno dei principali tratti distintivi dell’Antropocene, l’attuale era geologica. Nel loro articolo, pubblicato sulla rivista scientifica Royal Society Open Science, gli studiosi ipotizzano che i fossili della nostra epoca saranno proprio le ossa di pollo.

Il maggiore produttore mondiale di carne di manzo e bufalo sono gli Stati Uniti, seguiti da Brasile, Cina, Argentina e Australia.

Gli stati Uniti sono pure i maggiori produttori di pollame, seguiti da Unione Europea, Cina e Brasile.

La Cina produce quasi la metà dei maiali. L’incremento della produzione è stato rapissimo, passando da 1,5 milioni di tonnellate del 1961 a 54 milioni di tonnellate nel 2014. Seguono Stati Uniti, Germania, Spagna e Brasile.

Il consumo di carne in Italia

Secondo il report della Coldiretti il consumo medio annuo di carne in Italia è tra i più bassi in Europa, 79 kg a persona all’anno.

Il 45% degli italiani privilegia quella proveniente da allevamenti italiani, il 29% sceglie carni locali e il 20% quella con marchio Dop, Igp o con altre certificazioni di origine. La domanda di qualità e di garanzia dell’origine ha portato, sottolinea la Coldiretti, ad un vero boom nell’allevamento delle razze storiche italiane da carne.

Report dell’associazione Essere Animali

L’associazione animalista Essere Animali, ha pubblicato di recente, il 7 maggio 2020, un report dal titolo Dieci anni di zootecnia in Italia.

Il report prende in esame la quantità di animali allevati e macellati in Italia negli ultimi dieci anni, nel periodo 2010-2019.

Il report mette in luce tre principali cambiamenti:

Intanto si nota la diminuzione del consumo di carne rossa a discapito di un crescente aumento di carne bianca e pesce.

Questo ha comportato una diminuzione della macellazione di animali di grossa taglia, soprattutto di bovini (-30%), ovini (-50%) e vitelli (-34%).

Questo non sembra valere invece per i maiali: dal 2010 al 2019 ne sono stati macellati 2 milioni in meno, ma il consumo non è diminuito. Negli allevamenti ha preso piede purtroppo la tendenza ad allevare suini sempre più pesanti, fino ad arrivare a 160 kg per i maiali destinati a produrre insaccati.

 Si è notato anche un vistoso crollo della macellazione di alcune specie. Sono diminuite le macellazioni di conigli (-30%), agnelli (-49%) e cavalli (-70%), complice la crescente sensibilità nei confronti di queste specie.

Infine emerge una graduale ma costante sostituzione del latte con alternative vegetali.

Ancora più rilevanti le stime relative al pesce: il report stabilisce che nel 2017 il consumo pro capite abbia superato i 30 kg annui, di fatto raddoppiando rispetto al 2010. Questa crescita si riflette nell’aumento delle importazioni dall’estero, visto che i nostri mari non riescono più a sostenere i ritmi della pesca industriale.

E così, pur se lentamente, si nota una presa di consapevolezza e un cambiamento nelle abitudini alimentari dei consumatori. Questa sembra essere davvero una buona notizia.

Fonti e foto:

Our world in data, BBC, IARC

Essere Animali